L’IRI nella Storia italiana
Le dichiarazioni del Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, sulla presa in considerazione di un nuovo modello di IRI ci offre l’opportunità di riportare alla luce uno dei giganti economici della Storia italiana.
L’IRI nacque il 24 gennaio 1933, con due funzioni specifiche: il primo compito fu quello di gestire l’enorme crisi del sistema bancario italiano, attraverso la riforma bancaria che, nel 1936, portò alla separazione tra banche commerciali e banche d’investimento; il secondo obiettivo fu quello di riorganizzare tutte le partecipazioni detenute dalla Banca Commerciale Italiana, dal Credito Italiano e dal Banco di Roma, tre grandi istituti bancari italiani colpiti dalla crisi.
Da questa prima analisi, comprendiamo come l’IRI fosse esclusivamente un ente funzionale a un intervento statale di supporto in un momento di crisi, che poi sarebbe dovuto essere smantellato in un momento successivo. Ma così non fu, perché esso divenne un ente statale permanente nel 1937, gestito attraverso due sezioni differenziate: la sezioni bancaria, contenente i tre istituti bancari precedentemente citati e la sezione industriale, contenente al suo interno tutto l’insieme di partecipazioni dello Stato all’interno di imprese strategiche dell’economia italiana.
Venne la seconda guerra mondiale, con distruzione che ne conseguì. L’Assemblea Costituente dovette confrontarsi sul destino dell’IRI nel nuovo impianto repubblicano e decise di non optare per la sua liquidazione, ma di proseguire nella strada tracciata, dando all’ente un funzionamento su basi democratiche, che evidentemente non poteva avere nell’epoca fascista. Istituto di Ricostruzione Industriale fu il perno centrale della rinascita economica dell’Italia nel secondo dopoguerra, con un controllo totalmente gestito dal Ministero del Tesoro e una funzione di sviluppo industriale e di gestore degli investimenti infrastrutturali necessari in un Paese pesantemente compromesso.
Lo sappiamo dalla lettura delle relazioni economiche della Costituente: lo Stato doveva essere lo strumento fondamentale delle politiche economiche e industriali del Paese e così effettivamente fu. Un progetto su tutti che racconta il ruolo fondamentale svolto dall’IRI è sicuramente la realizzazione della famosa autostrada del Sole, snodo fondamentale infrastrutturale con grandi ricadute sul piano economico.
Racchiusi all’interno dell’IRI ritroviamo un settantennio di Storia italiana: dall’Alfa Romeo alla RAI, passando per Finmeccanica, Fincantieri, Finsider, Finelettrica, SIP, Alitalia, Autostrade e tanto altro. Un’impronta che ha toccato svariati settori economici: dall’alimentare, mediante le acquisizioni di aziende dalla Montedison, alle telecomunicazioni, fino ai settori siderurgici, meccanici, del trasporto, automobilistici.
Riprendere un discorso industriale con guida statale sul modello dell’IRI ci riporta necessariamente a parlare di Trattati Europei, perché dobbiamo far riferimento al divieto di aiuti di Stato. Se da una parte non è concepita l’impossibilità di utilizzare l’impresa pubblica, dall’altra le si toglie gli strumenti, rendendola sostanzialmente inattuabile dentro il sistema ordoliberista europeo. Per riprendere in mano quel discorso interrotto con il Trattato di Maastricht e con le successive privatizzazioni prodiane delle aziende del mondo IRI, dobbiamo riprendere in mano la nostra Costituzione Repubblicana dando piena attuazione agli articoli 42 e 43.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.
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