L’occhio bionico: la tecnologia che ridà la vista
Ancora oggi la tecnologia intimorisce, principalmente per due motivi: in primis rappresenta una frontiera che ancora non conosciamo e, in secondo luogo, fa paura quando si lega in modo indissolubile con l’uomo.
Da sempre, infatti, il connubio macchina-uomo è stato analizzato in maniera negativa. Ne è un esempio il cinema dove i cyborg sono, nella maggior parte dei casi, rappresentati come elementi nocivi.
Tuttavia, in questi anni la necessità della presenza della tecnologia nella vita dell’uomo è divenuta imprescindibile e gli studi che cercano di restituire la vista e le capacità motorie a non vedenti e paraplegici rappresentano due missioni che costituiscono le due vere sfide dell’innovazione.
In particolare, nel capo dell’ottica, l’ingegneria biomedica ha svolto grandi passi in avanti. Il più sensazionale risale a un mese fa, quando è stata divulgata una notizia riguardante cinque persone non vedenti che, sono riuscite a recuperare parzialmente la vista, grazie all’utilizzo di un impianto bionico chiamato PRIMA.
Il nuovo occhio bionico progettato dalla Prixium Vision è composto da un occhio artificiale e da un paio di occhiali. Infatti, PRIMA è formato da un microchip retinico, che collegato con una telecamera posizionata sopra gli occhiali permette anche a dei non vedenti di osservare e «decriptare» parzialmente ciò che vedono, rendendo leggibili caratteri molto grandi e sequenze di lettere.
Il risultato è sensazionale e, se riconfermato tramite alcune installazioni a cui saranno sottoposti altri cinque pazienti, si potrà pensare di ampliare la ricerca.
Un ulteriore upgrade è stato proposto dall’occhio bionico progettato da Second Life assieme con l’università della California e il Baylor College of Medicine.
Anche in questo caso l’occhio è costituito da una telecamera che acquisisce le immagini dell’ambiente circostante al posto della persona non vedente. Tale camera è collegata con l’area del cervello adibita alla vista, tramite 60 elettrodi che traducono l’immagine in un «segnale-stimolo».
L’unica nota negativa relativa alla scoperta è dovuta al fatto che tale impianto non può essere utilizzato nei soggetti completamente ciechi dalla nascita, giacché queste persone purtroppo possiedono una corteccia visiva non sufficientemente sviluppata.
Pertanto, sarà interessante seguire l’evoluzione della scoperta, nella speranza di poter dare un giorno il prezioso dono della vista a tutti.
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.