Logistica: gli immigrati lottano per i diritti
La notte tra il 14 ed il 15 settembre scorsi, i lavoratori dello stabilimento piacentino della Gls (azienda che si occupa di logistica) stavano svolgendo un picchetto di fronte ai cancelli dell’azienda. Questi operai, assunti dalla Seam per conto di GLS, protestavano per la mancata regolarizzazione di 13 contratti, che aspettavano da maggio, e per il reintegro di alcuni colleghi.
È in queste circostanze che Abd Elsalam Ahmed Eldanf, lavoratore egiziano di 53 anni, è morto dopo essere stato travolto da un camion. La versione dell’Unione Sindacale di Base (Usb), sindacato a cui Abd Elsalam era iscritto, afferma che l’autista del veicolo, incitato da un dipendente dell’azienda, abbia sfondato il picchetto intenzionalmente; secondo la procura, non era invece in corso alcuna manifestazione, e dunque il fatale incidente è stato rubricato come «omicidio stradale». Il video dell’accaduto è reperibile sul sito di Repubblica e mostra un camion partire bruscamente, svoltare a destra per poi fermarsi di colpo. Un gruppo di uomini, alcuni con delle bandiere, accorrono verso il luogo dove, immaginiamo, giaccia il corpo di Abd Elsalam, e che noi, per fortuna, non vediamo. Ovviamente determinare la dinamica dell’accaduto spetterà agli inquirenti, ma negare che fosse in corso una qualsiasi azione rivendicativa (in questo caso, un picchetto) sembra difficilmente accettabile.
La notizia della morte di Abd Elsalam non è stata messa particolarmente in risalto da molte delle maggiori testate. Ma ancora di meno lo è stata quella del corteo indetto dall’Usb a Piacenza sabato 17. Tra le 2000 e le 3000 persone si sono raccolte attorno alla famiglia dell’operaio e hanno sfilato tra le vie della città sotto una pioggia battente. Per un attimo, la proverbiale frammentazione della sinistra sindacale e partitica italiana sembra essersi sospesa: oltre all’Usb, erano infatti presenti altri sindacati di base che non sempre avevano avuto ottimi rapporti tra loro, come per esempio il SiCobas, Adl Cobas, Slai Cobas, Usi e Sgb. Nelle prime file del corteo, sventola una bandiera No Tav, e un po’ più indietro c’è anche una delegazione di Emergency. I negozi del centro erano per la maggior parte chiusi, segno della paura dei commercianti che questa manifestazione potesse sfociare in azioni violente. Così non è stato. E infatti nessun giornale si è interessato a questo corteo senza scontri.
La gravità del fatto è incontrovertibile. Ma ciò che ai presenti al corteo e agli altri militanti sta a cuore non è tanto la vicenda giuridica che determinerà la colpevolezza o meno dell’autista del camion. Ciò che a queste persone interessa mettere in luce sono le premesse e le responsabilità politiche che si celano dietro questo evento. Il settore della logistica ha visto susseguirsi negli ultimi anni una serie di battaglie per riguadagnare dei diritti basilari, quali la tutela per l’assenza per malattia o infortunio. Un sistema di sfruttamento basato su cooperative (da cui peraltro proviene il ministro Poletti) molto spesso fasulle, sfruttamento della manodopera dei migranti e ricatti per costringere a turni massacranti aveva infatti eroso le tutele basiche di cui ogni lavoratore dovrebbe godere. Molto è stato riguadagnato grazie alle battaglie dei «facchini», nelle cui fila si contano numerosi immigrati. Una specie di dumping al contrario: gli stranieri si sono rivelati una componente essenziale nel miglioramento delle condizioni di lavoro per tutti.
Abd Elsalam, d’altronde, aveva un contratto a tempo indeterminato. Era lì a lottare per gli altri.