L’omofobia non esiste solo il 17 maggio
Avete presente The Rocky Horror Picture Show? È un musical rock del 1975, ignorato alla sua uscita nelle sale e poi diventato film cult (come spettacolo teatrale è presente sui palcoscenici americani da quasi vent’anni, il cinema Mexico di Milano lo proietta di notte con cadenza settimanale, molti multisala italiani e stranieri lo programmano per Halloween). Non ha nulla di spaventoso, anzi, è irriverente, fortemente kitsch e provocatorio. Quando uscì, destò scandalo per le scene di travestitismo e per le smaccate allusioni sessuali: “I’m just a sweet transvestite, from Trans-Sexual, Trans-ylvania” si presenta il protagonista, Frank-N-Further, e prima ancora canta “Don’t judge a book by it’s cover”. È un grande film che si fa portavoce di un sogno, quello della liberazione sessuale. Certo, oggi si parla tranquillamente di divorzio, contraccezione, prevenzione delle malattie (non sempre), aborto (non proprio)… Pensandoci bene, c’è ancora molta strada da fare, sia in tema di educazione sessuale, sia in tema di accettazione. La vera libertà sessuale ai giorni nostri è quella fra uomo e donna. Desta ancora stupore, ad esempio, la bisessualità di Frank, protagonista del film. Ha destato addirittura polemiche e commenti poco galanti la vittoria della drag queen Conchita Wurst all’Eurovision Contest. La causa è principalmente l’ignoranza. Dati alla mano, in un anno nel nostro Paese ci sono stati quattro suicidi, due tentativi di suicidio, ai quali si aggiungono diversi pestaggi e attacchi personali, per un totale di 75 casi raccontati dalla stampa per le indagini di Arcigay. L’Italia, inoltre, è al 36esimo posto su 49 paesi europei per la protezione dei diritti delle persone LGBTQI secondo il report dell’associazione Auser. Ieri, 17 maggio, si è celebrata la giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Delia Vaccarello, giornalista e scrittrice, ha definito l’omofobia come «l’avversione di un individuo che aggredisce insieme agli altri, oppure da solo, ma nella convinzione di avere dalla sua molti a dargli ragione. Divide le persone che amano in “normali” e “deviate”. Somiglia molto al razzismo, ma non punta il dito contro il colore della pelle, bensì contro il sentimento». L’omofobia è presente nella vita quotidiana di molti più di quanto si possa immaginare; ho conosciuto Luca (lo chiameremo così), un ragazzo padovano che usa abitualmente abiti femminili e make up. Quasi ogni giorno, per strada come in aula, è oggetto di battutine squallide, appellativi poco eleganti o sguardi biechi. Spesso è stato etichettato come un freak, un diverso e costretto a nascondersi alla vista degli altri. Ma quello di Luca è solo un esempio, nemmeno il più crudo, tutt’altro. Contro questa inaudita violenza servono leggi concrete, prima fra tutte quella che permetta il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E poi campagne di informazione che coinvolgano i giovani, nelle scuole, e i meno giovani, a casa o al lavoro. Sono inutili invece i discorsi dei politici, o i tweet #StopOmofobia: caro Renzi, dici che c’è ancora molto da fare in Italia su questo tema, perché allora non ti rimbocchi le maniche?
Elena Ferrato
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Il mio articolo settimanale su La Voce Che Stecca.