«Loving Vincent» e la Van Gogh mania
La vita di Van Gogh è quella di uomo che a 27 anni decise di inseguire il suo sogno: fare dell’arte il proprio lavoro e creare una comunità di artisti con i quali condividere la ricerca di uno stile semplice, ma che potesse rappresentare la natura in tutto il suo fulgore. Egli è l’emblema di come qualsiasi forma d’arte si costruisca sui sentimenti, poiché accostava le tonalità agli stati d’animo: ciò che lo attraeva di più era proprio la potenza del colore, quella sua capacità di raffigurare e interpretare il mondo. Riguardo a ciò, si deve considerare che in soli dieci anni di attività passò da uno stile dapprima realista, poi impressionista, sino ad arrivare alla fine dell’Ottocento all’esperienza pre-espressionista (infatti è considerato il precursore di questo movimento). Questo fa comprendere quanto Van Gogh fosse un pittore fuori dagli schemi, decisamente anticonvenzionale, nel lavoro come nella vita. Aveva una personalità irriverente e problematica, che purtroppo lo rese nel tempo psicologicamente instabile, tanto che dopo la famosa discussione con Paul Gauguin, in cui preso dall’ira si tagliò un orecchio, si dovette ricoverare in una casa di cura. Tuttavia, fu proprio il suo modo di essere a renderlo così unico e inimitabile. La sua ricerca della realtà, quasi compulsiva, arrivò a un punto in cui era la natura da lui interpretata a «piegarsi» alla sua sensibilità. La pittura fu la sua più efficace terapia, tanto che le sue opere più ispirate vennero fuori proprio nei momenti più folli, basti pensare a Notte stellata o a Autoritratto con l’orecchio bendato. Purtroppo però fu quella stessa follia a condurlo a soli 37 anni, in una sera di luglio del 1890, al suicidio. La tragicità e l’ironia del destino vogliono che Van Gogh, artista che in vita fu da tutti osteggiato e che riuscì a vendere un solo quadro, oggi sia uno dei pittori più ammirati e ricercati. La sua unicità ha ispirato artisti di vario genere di tutte le generazioni, rendendolo il pittore più celebrato nella storia del cinema, tant’è che si parla di «Van Gogh mania». In successione troviamo: Brama di vivere del 1956 di Vincente Minnelli e George Cukor, Vincent & Theo del 1990 di Robert Altman, Van Gogh del 1991 di Marcel Pialat e Un nuovo modo di vedere del 2015 di David Bickerstaff. In ciascuna di queste pellicole, anche se con sfumature differenti, il tema ricorrente è il tormento che ha accompagnato l’artista per tutta la sua breve e intensa vita, al quale finì per soccombere, da cui però è scaturito quell’immenso patrimonio artistico di valore incommensurabile. L’arte del cinema si è invaghita di Van Gogh al punto che siamo al quinto film: Loving Vincent è un film documentario che sta realizzando un team di 40 artisti dello studio BreakThru Productions in Polonia. Si tratta del primo lungometraggio d’animazione al mondo realizzato con tele dipinte a mano, un esperimento che mescola arte, tecnologia e pittura, ideato dalla pittrice polacca Dorota Kobiela e dal regista Hugh Welchman nell’intenzione di ricostruire la vita di Van Gogh attraverso le più di 800 lettere da lui scritte. Ogni fotogramma è un vero e proprio dipinto: tra questi verranno inserite 180 opere originali, mentre gli altri verranno realizzati nello stile dell’artista dai pittori coinvolti in questo progetto. Il trailer è già da un po’ disponibile sul web e già ha riscosso molto successo. Tuttavia, Loving Vincent è una vera e propria novità nel mondo del cinema e perciò, come ogni innovazione, sapremo se la scommessa sarà stata vinta solo al momento della sua uscita nelle sale. Comunque vada, ben vengano novità di questo tipo, specialmente se sono mirate ad omaggiare artisti illustri come Vincent Van Gogh, poiché per lui questo film potrebbe davvero rappresentare un riscatto per l’insuccesso avuto in vita.
Valeria Mancini
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