Loving Vincent, un film su Van Gogh interamente dipinto a mano
Il cinema ha incontrato l’arte e viceversa. Ideato sei anni fa come cortometraggio dalla regista Dorota Kobiela, pittrice polacca e reso possibile da un crowdfunding su Kickstarter, «Loving Vincent» ha sbaragliato ogni aspettativa, tanto da trasformarsi in un lungometraggio, coprodotto dalla Kobiela e dal regista inglese Hugh Welchman. L’incasso solo in Italia si è avvicinato a circa 1,3 milioni di euro nei soli tre giorni in cui il film è stato trasmesso nelle sale (16, 17, 18 ottobre) e ora sono in corso delle proiezioni straordinarie (chi scrive l’ha visto il 3 novembre a Milano).
«Loving Vincent» ripercorre le ultime settimane di vita del pittore olandese Vincent Van Gogh nella cittadina francese di Auvers-sur-Oise, dove si trasferì a maggio 1890, per poi suicidarsi a luglio dello stesso anno. Proprio attorno al suo gesto estremo, compiuto con una pistola, ruota la trama della pellicola: Armand Roulin, figlio del postino Roulin, che si occupava delle corrispondenze di Van Gogh, è incaricato dal padre di recapitare al fratello di Van Gogh, Théo, l’ultima lettera che il pittore gli scrisse prima di morire. Una volta scoperta anche la morte di Théo Van Gogh, scomparso per malattia pochi mesi dopo il fratello, Armand Roulin si reca ad Auvers-sur-Oise per incontrare il Dottor Gauchet, medico che ebbe in cura il pittore negli ultimi mesi della sua vita. Vincent Van Gogh soffriva, infatti, di depressione, causata da traumi infantili e da una pesante solitudine. Da questo punto del film in avanti, la storia prende la piega di un vero e proprio giallo, in cui Roulin, insospettito da strane circostanze che gravitano attorno alla morte del pittore, decide di andarci più a fondo, per chiarire in modo definitivo se si sia trattato di suicidio o, invece, di omicidio.
Le indagini di Armand Roulin si sviluppano man mano tramite una serie di incontri con le persone che sono state più vicine a Van Gogh nei suoi ultimi giorni di vita. Tutte queste persone sono state dipinte dal pittore nei suoi innumerevoli quadri: il film si basa su nientepopodimeno che 94 opere. La particolarità, inoltre, consiste nella realizzazione: ogni singolo fotogramma è stato dipinto a mano. Più di un centinaio di pittori hanno ricalcato fotogramma per fotogramma riprese dal vero di attori in un teatro di posa, ambienti e movimenti di macchina in una computer generated imegery spartana, ricoperta poi dai dipinti. Quest’innovativa tecnica si chiama Painting Animation Work Station.
Attraverso sessantamila tele dipinte a mano, è stata data vita a un’opera cinematografica del tutto nuova e che ricalca in un modo molto umano» la storia personale di un artista amatissimo, considerato padre della pittura moderna. Oltre alle immagini davvero meravigliose, credo che quello che più abbia conquistato il cuore degli spettatori sia la dolcezza con cui viene mostrata la figura di Van Gogh, con tutte le sue passioni, gli affetti, le tensioni e le paure. Non è più il solito pittore che si studia sui libri di storia dell’arte, ma è semplicemente e teneramente Vincent.
Laureata in Economia dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, frequento la magistrale in Marketing e Mercati Globali all’Università di Milano-Bicocca. Innamorata della cultura, nel mio piccolo cerco di diffonderla il più possibile.