Lucrezia Borgia e il TFP
Il Teorema Fondamentale del Pettegolezzo, o TFP, riporta:
La diffusione d’informazioni avviene principalmente attraverso conoscenze occasionali.
Questo enunciato, costituisce il nocciolo della complessa teoria del gossip, e comprenderne il significato è di fondamentale importanza per chiunque voglia farsi i fatti degli altri con efficienza.
Il TFP afferma che laddove ciascuno di noi cianciasse dei fatti altrui solo con i suoi più cari amici, e i nostri conoscenti si comportassero esattamente come noi, le notizie da noi riportate prima o poi finirebbero per essere intrappolate in un circolo chiuso, più o meno ristretto. […]
Il professionista delle chiacchiere da bar, invece, sa che per fa viaggiare velocemente una malignità di qualsiasi tipo è necessario parlarne alle persone che conosciamo appena e che incrociamo sporadicamente per quei quattro discorsi superficiali tanto utili per rendersi conto che abbiamo tutti gli stessi problemi, chi più chi meno. Per questo motivo, il bar è un accessorio fondamentale per il pettegolezzo. Uno stesso bar è spesso frequentato da ogni genere di persone, essendo, a voler essere sinceri, l’unico luogo oggettivamente democratico del nostro paese. Dal professore al muratore, dall’avvocato al diseredato, all’interno del bar siamo tutti uguali, e i tempi di attesa tra il caffè, il cornetto e la Gazzetta non variano a seconda della nostra posizione nella società. Tali considerazioni di carattere sociologico, apparentemente slegate dal contesto, sono essenziali per capire come fosse possibile che, la mattina dopo, tutto il paese sapesse che il Benedetti aveva ammazzato la moglie e aveva bittato il cadavere nel fosso. E, quando si dice tutti, si intende tutti.1”
Per il ciclo degli articoli sulle fake news, oggi tratteremo una figura che è stata letteralmente demonizzata dal TFP nella storia dell’uomo e che ancora oggi è difficile riabilitare: Lucrezia Borgia.
Chi era Lucrezia Borgia?
Per inquadrare la figura della castellana, bisogna prima ricostruire la sua biografia. Da Wikipedia: Lucrezia Borgia nasce il 18 aprile 1480, figlia illegittima terzogenita di papa Alessandro VI (al secolo Rodrigo Borgia) e di Vannozza Cattanei. Fin dagli undici anni fu soggetta alla politica matrimoniale collegata alle ambizioni politiche prima del padre e poi del fratello Cesare Borgia. Quando il padre ascese al soglio pontificio la dette inizialmente in sposa a Giovanni Sforza, ma pochi anni dopo, in seguito all’annullamento del matrimonio, Lucrezia sposò Alfonso d’Aragona, figlio illegittimo di Alfonso II di Napoli. Un ulteriore cambiamento delle alleanze, che avvicinò i Borgia al partito filofrancese, portò all’assassinio di Alfonso, su ordine di Cesare.
Dopo un breve periodo di lutto trascorso a Nepi con il figlio avuto da Alfonso, Lucrezia partecipò attivamente alle trattative per le sue terze nozze, quelle con Alfonso I d’Este, primogenito del duca Ercole I di Ferrara, il quale dovette accettarla in sposa. Alla corte estense Lucrezia fece dimenticare la sua origine di figlia illegittima del papa, i suoi due falliti matrimoni e tutto il suo passato burrascoso; infatti, grazie alla sua bellezza e alla sua intelligenza, si fece ben volere sia dalla nuova famiglia sia dalla popolazione ferrarese.
Perfetta castellana rinascimentale, acquistò la fama di abile politica e accorta diplomatica, tanto che il marito arrivò ad affidarle la conduzione politica e amministrativa del ducato quando doveva assentarsi da Ferrara. Fu anche un’attiva mecenate, accogliendo a corte poeti e umanisti come Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Gian Giorgio Trissino e Ercole Strozzi. Dal 1512, per le sventure che colpirono lei e la casa ferrarese, Lucrezia iniziò a indossare il cilicio, s’iscrisse al Terz’ordine francescano, si legò ai seguaci di San Bernardino da Siena e di Santa Caterina e fondò il Monte di Pietà di Ferrara per soccorrere i poveri. Morì nel 1519, a trentanove anni, per complicazioni dovute a un parto Ferrara.
Le accuse
Al di là della sua biografia, su cui varrebbe la pena prolungarsi in altre sedi, la figura di Lucrezia venne investita da una serie infinita di accuse senza fondamento e il motivo era uno solo: il suo cognome. Borgia all’epoca era una porta aperta a qualunque posizione o incarico si potesse ambire e per questo la famiglia venne resa oggetto d’innumerevoli maldicenze.
Le accuse più gravi che le vennero mosse furono fondamentalmente due: aver avuto rapporti incestuosi col fratello, Cesare, e dilettarsi coi veleni che, a sentire le chiacchiere, propinava ai suoi nemici e che portava in un ciondolo appeso al collo. L’accusa di rapporto incestuoso con il fratello maggiore trova il suo presunto fondamento su due elementi: Cesare era fortemente osteggiato dai potenti del tempo e ogni scandalo che potesse ledere la sua figura e toglierle credibilità era ben accetto. Il secondo elemento a supporto delle maldicenze sulla tresca era la considerazione che Cesare portava nei suoi riguardi, tanto da renderla partecipe attiva di tutte le decisioni politiche che riguardavano la famiglia e anche della scelta del suo sposo.
Questo rispetto, in un’epoca nella quale un fratello era il padrone della sorella, letteralmente, era inconcepibile e ritenuto quasi abominevole, tanto da dare adito all’ennesima una scusa per macchiare la reputazione dei Borgia. L’accusa di fabbricare veleni, invece, era una prassi per quanto riguardava le donne influenti dell’epoca che in qualche modo calpestavano i piedi degli uomini al potere: peggio ancora, se la donna in questione era una Borgia. Basti pensare alle calunnie rivolte a Caterina De’ Medici o a Maria Stuarda, solo per citare alcuni dei nomi più famosi.
La vera Lucrezia
L’unica vera colpa di Lucrezia era quindi essere nata in una famiglia molto potente e influente e in un’epoca molto turbolenta dal punto di vista politico e storico. Un dettaglio su tutti: ricordiamo che il padre di Lucrezia è salito al soglio pontificio nel 1492, all’alba delle prime scoperte transoceaniche e di alcune delle successioni al trono più complesse mai avvenute in Europa.
La sua colpa, oltre essere una Borgia, era ovviamente essere una donna, e come tale più facilmente oggetto di riprovazione pubblica e di accuse soprattutto di natura sessuale. In realtà Lucrezia è stata già ampiamente rivalutata dagli storici e il suo nome è stato riabilitato, ma scardinare una convinzione dopo secoli non è così semplice.
Lucrezia non viene quasi mai accostata alla sua azione di mecenatismo che rese la corte di Ferrara una delle mete più ambite da poeti, pittori e musicisti durante la sua reggenza, né viene ricordata per le opere di carità che compiva ogni giorno dell’anno, non solo alle feste comandate come la maggior parte delle regine o nobildonne. Tuttavia, gli artisti che da lei sono stati protetti ne hanno decantato le lodi, rimarcando la sua bontà, la sua cultura (cosa inusuale per una donna nel XV secolo) e la sua devozione a Dio. Uno in particolare l’ha sempre ricordata con affetto e rispetto, combattendo contro chiunque ne macchiasse il nome e la memoria dopo la sua morte: Pietro Bembo, cardinale, scrittore, grammatico, poeta e umanista italiano che molto ha fatto per la cultura italiana.
1 tratto da: Il telefono senza fili, Marco Malvaldi, cap. 4