Caso Maurantonio: la risposta di una prof a Paolo Crepet
Cominciavamo a stare in ansia, poi finalmente Paolo Crepet ha detto la sua sulla tragica morte di Domenico Maurantonio, lo studente padovano morto a Milano cadendo dal quinto piano di un hotel a Milano, mentre era in gita all’Expo. Crepet (interpellato dal blog Lettera43) non si è limitato da psicologo a fare un’analisi del comportamento omertoso dei compagni, ma dall’alto del suo ruolo di onnipresente tuttologo televisivo e di ex-studente del liceo in questione si spinge fino a legare l’episodio alla tanto contestata riforma della scuola attualmente in discussione.
Crepet dà banalmente la colpa di tutto agli insegnanti, perché «Ai miei tempi il Nievo non era certo un istituto per fighetti e credo che non lo sia nemmeno ora» e «Se sono diventato un cittadino lo devo al fatto che in quelle stesse aule ho incontrato bravissimi e straordinari professori che mi hanno insegnato a vivere, a essere responsabile delle mie azioni. Evidentemente ora non ci sono più». Al liceo Nievo, come in tutte le scuole, da sempre si alternano docenti eccezionali, ad altri dignitosi, ad altri del tutto inadatti e questo a causa di un meccanismo di assegnazione delle cattedre in base ad un punteggio acquisito che nulla ha a che fare con il presunto «prestigio» dell’istituto in questione e che tutto sommato, con qualche correttivo, resta sempre preferibile alla chiamata diretta del preside introdotta da Renzi. E certamente la preparazione e la capacità degli insegnanti sono importanti per la crescita umana e culturale dei nostri ragazzi, ma è in famiglia che si gettano le basi per crescere o meno dei «cittadini per bene». D’altronde il ministero da cui dipende la scuola richiama nel suo nome l’istruzione, non certo l’educazione che spetta ai genitori. È a casa che si imparano i valori, il rispetto per il prossimo, le regole sociali e le leggi, tutte cose che i genitori non possono limitarsi a spiegare ma che devono praticare con costanza se vogliono sperare che vengano assimilate dai figli. E infatti di persone per bene, anche giovani, in giro fortunatamente ce ne sono ancora molte, ma non si può negare che abbondino, rispetto ad una volta, la maleducazione, l’arroganza, il menefreghismo. La cosa non può stupire visto che negli ultimi vent’anni la nostra società ha subito una sorta di «imbarbarimento» che ha portato molta gente a non vergognarsi più ad esibire atteggiamenti come opportunismo, esibizionismo, bullismo, razzismo. E la scuola in tutto questo? Sono moltissimi gli insegnanti che comunque ogni giorno in classe lavorano per formare non solo bravi studenti, ma anche bravi cittadini, ma non è facile quando si è perso completamente il proprio prestigio sociale e si è visti solo come degli «sfigati» che hanno studiato tanto per guadagnare mille e quattrocento euro al mese: che credibilità possono avere presso i figli di famiglie della «migliore borghesia di Padova» che a 18 anni hanno auto e orologi che i loro docenti non potranno mai permettersi? Perché è vero che il Nievo non è, e non è mai stato, un «istituto per fighetti» ma anche da questi è frequentato. E se vogliamo dirla tutta, proprio insegnanti come i tre che si erano dati disponibili ad accompagnare le due classi del Nievo in gita di domenica, sono normalmente considerati tra i «migliori», perché non ne fanno una questione di diaria, di responsabilità e magari chiudono gli occhi su qualche trasgressione degli studenti. E invece il recupero della credibilità dei docenti passa anche attraverso una ritrovata consapevolezza del loro ruolo, che vuol dire anche rifiutarsi di accompagnare classi in trasferta senza adeguati riconoscimenti economici e tutele legali. Troppo comodo sparare sempre addosso agli insegnanti, ma forse Crepet ultimamente frequenta troppo gli studi Rai e troppo poco il suo studio e non sa più cosa succeda davvero nelle case di molti italiani.