La Madonna di Pompei vuole bene pure ai gay
È ufficiale: il pride campano si terrà a Pompei. Inizialmente l’amministrazione comunale non ne era entusiasta, poi il Coordinamento Campania Rainbow – che riunisce le maggiori associazioni LGBT della regione Campania – ha organizzato un’assemblea pubblica a cui ha preso parte anche Franco Gallo, in veste di presidente del Consiglio comunale ed ha comunicato che si tratta di un evento condiviso dall’amministrazione da lui rappresentata. Questa dichiarazione ha di fatto permesso il superamento delle iniziali perplessità oggetto di alcuni articoli apparsi anche sulla stampa nazionale. Pompei, nota non solo per il suo sito archeologico di indiscusso interesse, ma anche per il Santuario della Beata Vergine del Rosario, è un territorio dalla forte identità cristiano cattolica e meta di pellegrinaggi da tutto il mondo. La scelta di Pompei per il Pride regionale campano 2018 rappresenta una novità. Fino a pochi anni fa il gay pride aveva una dimensione nazionale ed era organizzato a rotazione nelle maggiori città italiane. Dal 2013 il mondo dell’associazionismo LGBT ha deciso di cambiare rotta e di strutturare una rete di manifestazioni diffuse su tutto il territorio nazionale, nei capoluoghi di provincia, connesse dall’organizzazione dell’Onda Pride. La scelta di una cittadina di provincia, quindi, assume un significato particolare anche per l’identità fortemente religiosa che riveste questo luogo nell’immaginario collettivo. Questo valore non va letto come contrapposizione tra culture, ma come momento di sintesi, aggregazione e ricerca di un possibile dialogo con la tradizione popolare. Già prima degli anni ’80 – racconta Porpora Marcasciano nel suo libro Antologaia – lo spettacolo dell’artista nomade Ciro Cascina, dal nome La Madonna di Pompei, si configurava come «una satira sottile e profonda del bigottismo cattolico e il suo rapporto con la sessualità, una pièce che, vista la posizione della Chiesa Cattolica, oggi sarebbe stata di grandissima attualità». Sul numero di domenica del quotidiano vesuviano Metropolis si legge l’invito del rappresentante comunale che la manifestazione dell’orgoglio trans e gay «si svolga nel decoro». Ma cosa si intende per decoro? Molte e molti non conoscono la storia dei Pride e si lasciano travolgere dalla convinzione diffusa che si tratti di una carnevalata. In realtà i Pride, oltre ad essere una grande festa di orgoglio – come dice il nome stesso – sono la celebrazione di una storia, quella che nella notte del 27 giugno 1969 ha visto come protagoniste donne transgender latinoamericane che si sono ribellate alle irruzioni della polizia che fino a quel momento seminava terrore nelle comunità che si riunivano nei «deviated bar». Il compromesso di normalizzazione a cui vorrebbero condurre i detentori del potere sarebbe un tradimento ai corpi che si sono messi in prima linea per difendere e rivendicare i diritti di libertà di cui tutte e tutti oggi godiamo. Questo vincolo, che divide anche la comunità stessa, deve invitare a riflettere circa le istanze di cui il movimento di liberazione si fa portavoce. Si tratta del riconoscimento di identità colorate, come il Fauno che è stato scelto per simboleggiare il Pompei Campania Pride, con delle tessere di mosaico arcobaleno che rappresentano il caleidoscopio delle cittadine e dei cittadini che vi prenderanno parte, ciascuno con le proprie peculiarità. La manifestazione avrà luogo il giorno 30 giugno 2018, 22 anni dopo il Gay Pride di Napoli nel ’96 che aveva come slogan «La Madonna di Pompei vuole bene pure ai gay».
Classe 1994, di Napoli, laureat* alla triennale in Scienze Politiche alla Federico II, studia Relazioni Internazionali alla Magistrale. Attivista LGBTQI.