Fibrosi cistica: siamo malati invisibili

10409761_883875238297930_2799476738305960331_nLa fibrosi cistica è la malattia genetica più diffusa in Italia: una persona ogni 2500-3000 è malata, e una ogni 25 è portatrice sana. Nonostante questo si tratta di una «malattia invisibile».
Sia perché riconoscere un malato di FC risulta molto più difficile che riconoscere altre persone con altre malattie genetiche (come per esempio un albino o una persona con sindrome di down), sia perché a differenza di queste, anche meno diffuse, è quasi sconosciuta alla maggior parte delle persone.
Vivere con la fibrosi cistica significa combattere quotidianamente contro una malattia che da una parte toglie vita ai tuoi giorni, e dall’altra toglie giorni alla tua vita.

Ovviamente la gravità della malattia varia da persona a persona, a seconda dell’età, delle mutazioni, dell’atteggiamento/comportamento del malato nei confronti della malattia e dell’influenza dell’ambiente esterno.
La fibrosi cistica è una malattia che si può definire degenerativa. Crea danni soprattutto ai polmoni: dopo ogni infezione e infiammazione il tessuto del polmone risulta cicatrizzato. Piano piano, giorno per giorno, un malato «perde» dei minuscoli «pezzettini» di polmone, e l’unica cosa che può fare è cercare di perderne il meno possibile, dal momento che una volta perso quel pezzettino non torna più indietro. Da qui l’importanza sia della fisioterapia che della prevenzione delle infezioni.
Una banalità come un raffreddore infatti può portare a un’infezione polmonare anche molto grave, è importantissimo quindi prevenire il contagio. Oltre ai «soliti consigli», come lavare le mani o coprirsi naso e bocca per tossire o starnutire, a volte sono necessari altri «piccoli» accorgimenti, per esempio evitare i luoghi affollati (centri commerciali, discoteche) o i mezzi pubblici, o indossare una mascherina per proteggersi dai germi portati dalla gente, che si ostina ad uscire anche quando è ammalata.

#FuckFc
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Tra i vari impegni di un malato c’è la fisioterapia. La fisioterapia è, allo stesso tempo, il suo migliore amico e il suo peggior nemico. Il migliore amico perché permette ai pazienti di respirare (quasi) come i sani; il peggior nemico perché è ciò che «ruba più tempo». Attraverso broncodilatatori, mucolitici, e particolari tecniche si tenta di smuovere e eliminare il catarro presente nei polmoni.
È necessario infatti rimuovere il catarro che si accumula per evitare che questo ristagni e si infetti, diventando l’habitat ideale per germi e batteri che nei polmoni sani non causerebbero alcun problema per la fatica che farebbero a «stabilirsi» lì.
C’è comunque la possibilità (non così remota) che i polmoni si infettino: è necessario ricorrere a terapie antibiotiche, prima per bocca e poi endovena. Molto spesso vengono dati farmaci parecchio «aggressivi» per evitare che l’infezione si cronicizzi, e queste cure vengono iterate per molto tempo.
La giornata tipo di un malato e quella di un sano, per quanto possano sembrare simili, hanno delle differenze enormi.
Il «buongiorno» di un malato non è solo con brioche e cappuccino, o pane e Nutella. La giornata inizia con l’assunzione di enzimi (da prendere ad ogni pasto) che il pancreas della maggior parte dei fibrocistici non produce, e che in parte aiutano a digerire i grassi. Prima ci sono la fisioterapia (da ripetere 2 o 3 volte al giorno) e i farmaci, gli eventuali antibiotici in bocca o in endovena, e solo alla fine tutte le cose «normali» come lavarsi, fissare l’armadio e pensare «non ho niente da mettermi!», la scuola o il lavoro.
Vivere con la fibrosi cistica è anche una lotta contro il tempo.
Ognuno di noi deve avere il tempo di dormire, mangiare, studiare e/o lavorare, fare sport, dedicare tempo ad hobby, famiglia, fidanzati/e ed amici, e spesso 24 ore non sono sufficienti a fare tutto. I malati di Fc inoltre devono dedicare diverse ore della loro giornata a terapie che gli permettano di svolgere una vita «normale», organizzando la loro vita in base a orari di terapie e medicinali da assumere, e spesso sono costretti a lunghe permanenze in ospedale.
Per capirci meglio, consideriamo un malato con una buona condizione generale. Possiamo dire che le sue giornate sono al massimo di 21–22 ore: il tempo restante va dedicato alle terapie da svolgere quotidianamente. Un rapido calcolo, e vediamo che ogni anno le ore utilizzate per le terapie sono più o meno 750–1000 (tra 30 e 40 giorni). Supponiamo che questa persona sia ricoverata due volte l’anno (probabilmente a voi sembrerà un’esagerazione, ma vi assicuro che molti malati si venderebbero l’anima per passare così poco tempo in una stanza di ospedale). Poiché ogni ricovero dura almeno 15 giorni, il nostro malato passa in ospedale circa 30 giorni all’anno. A tutto questo bisogna aggiungere i giorni impiegati per i Day Hospital e le varie visite al centro presso cui si è seguiti (per il nostro malato fortunato 5 o 6 ogni anno). Facendo due conti, senza contare i giorni di malattia e/o convalescenza passati a casa, i giorni che la fibrosi cistica ruba ogni anno sono almeno 70.
Fortunatamente dalla nostra parte sta la ricerca, che negli ultimi anni ha fatto passi da gigante, e si avvicina sempre di più alla cura di questa malattia.

Beatrice Sala