La malattia mi ha fatto capire il Natale
uando eravamo piccoli il Natale era una festività sentita profondamente. Crescendo, ogni anno, sento sempre più persone affermare «quest’anno il Natale si sente di meno» o addirittura «non si sente affatto», eppure è il giorno in cui nasce Gesù bambino, quindi per tutti i credenti dovrebbe essere un giorno importante a prescindere dell’età. La verità è che non è la magia del Natale a diminuire, ma molte tradizioni e molti miti a scomparire.
Da piccoli aspettavamo con ansia l’arrivo di Babbo Natale con i doni la notte del 24 per poi trovarli sotto l’albero il 25 contenti: ecco la «ricompensa» per aver fatto i bravi un anno intero. Trascorrevamo il resto delle nostre vacanze a giocare e mostrare i nuovi doni a chiunque venisse a trovarci. Ora che siamo cresciuti non c’è più l’ansia nell’attendere questo giorno ed aprire i regali diventa quasi una formalità; il solo fatto che ci siano è scontato. Per alcuni di noi, anzi, le vacanze natalizie divengono giorni come altri o, forse, solo più stressanti al pensiero di numerosi preparativi.
Quest’anno più che mai mi sentivo apatica nell’attendere questo Natale, davvero credevo fosse un giorno come tanti altri, con in più l’ansia dei regali: cosa regalare, se piacerà, la paura di cadere nella banalità, presa dai tanti pensieri che precedono questo giorno che dovrebbe essere bellissimo, quasi dimenticavo che sarei stata con tutta la mia famiglia. A tutto questo si aggiunge il fatto che, purtroppo, mio nonno non sta molto bene. Lui è sempre stato un uomo, come dire… tutto d’un pezzo, di quelle persone che si divertono e fanno divertire, ma che quando si arrabbiano bastano due parole per far capire quello che pensano e sono proprio quelle due parole a far comprendere come va la vita. Ha vissuto un’esistenza piena di gioie e di sacrifici, ma è proprio questa a dare i frutti, a dare alla mia famiglia quasi tutto quello che oggi possiede. Con i suoi esempi, rinunce, parole dette e taciute, è diventato il mio punto di riferimento e vederlo così per me è inaccettabile.
Per questi motivi, mai come prima ho sentito forte il bisogno di recarmi in chiesa il 24 notte. Mentre il resto del mondo andava a letto e i bambini attendevano i doni, io pregavo.
Pregavo affinché anche questo Natale il nonno potesse mangiare a tavola con tutta la sua famiglia. Ora ho capito la condizione di tutte le famiglie afflitte da problemi simili e le ho invidiate per la forza che mostrano nell’essere sempre sorridenti. Ho capito per la prima volta davvero il significato del Natale. Mai avrei pensato di ritrovarmi a pregare per la gioia dei miei familiari, non pensavo che avrei desiderato così tanto di poter fare qualcosa, non pensavo di ritrovarmi impotente di fronte a quest’aspetto della vita. Sarà stata la mia preghiera, o la magia del Natale, che pensavo ormai spenta, a portarmi il più bel dono che potessi mai ricevere, abbiamo passato un Natale bellissimo e nonno ha mangiato con noi.
Dunque non importa se i doni siano numerosi, se crescendo rimaniamo delusi scoprendo che i miti sono solo miti, e che le ansie sono solo vane e futili. La morale risiede in quello che viviamo all’improvviso e nelle difficoltà. Siamo stolti a credere che il Natale si festeggi per crearci dei pensieri o delle attese struggenti; sono sicura che se esistesse per questo probabilmente non lo celebreremo. Dovremmo capire tutti che lo spirito del Natale non risiede nei regali, nelle attese, nei miti o nei preparativi, ma credere in quei giorni ancora di più in una svolta positiva della nostra vita, creare armonia e tranquillità per noi e per chi ci vuole bene ma, soprattutto, godersi ogni momento con la nostra famiglia perché potrebbe essere l’ultimo e, se non lo facciamo, un giorno, non ci rimarranno altro che i nostri famosi doni al posto dei ricordi.