Mani Pulite è finita, ma tangentopoli è ancora qui
Sono ormai passati 25 anni da una delle stagioni più travagliate della storia recente italiana, uno scandalo di corruzione di proporzioni enormi che ha letteralmente spazzato via la Prima Repubblica passando agli onori della cronaca sotto il nome di «Tangentopoli».
Sono le 17 del 17 febbraio 1992 quando al primo piano del Pio Albergo Trivulzio di Milano, irrompe nell’ufficio del socialista Mario Chiesa il capitano dei carabinieri Roberto Zuliani, coordinato dal procuratore Antonio Di Pietro. Chiesa viene colto in flagranza di reato mentre riceve dall’imprenditore Luca Magni 7 milioni di lire in cambio del 10% degli appalti ricevuti, ma non sarà un episodio isolato relegato negli ambienti della borghesia milanese. Evidenzierà infatti un vero e proprio sistema, un virus capace di infettare tutti i maggiori partiti dell’epoca insieme ad una moltitudine di imprenditori collusi con questo modus operandi.
Ma cosa rimane esattamente un quarto di secolo dopo l’inchiesta di Mani Pulite? I numeri ci dicono che su circa 5000 persone finite sotto accusa ben 1233 hanno ricevuto una condanna, mentre circa 800 le assoluzioni, 223 le prescrizioni e 253 le estinzioni del reato. Cifre importanti che sottolineano la prontezza della magistratura nel raccogliere e assemblare i pezzi di un puzzle intricato e ricco di colpi di scena. A rendere il quadro ancora più avvincente e «poliziesco» ci pensano le telecamere delle maggiori emittenti televisive e dei tg nazionali che immortalano ogni operazione nei minimi particolari. E, ironia della sorte, sarà proprio Fininvest del noto imprenditore Berlusconi a condurre una campagna mediatica contro l’establishment corrotto di quegli anni, quasi ad aprire la strada al ventennio berlusconiano sull’onda dell’antipolitica imperante salvo poi additare i magistrati come «toghe rosse» e «giustizialisti» una volta arrivato al potere.
Per la prima volta i media tradizionali, sono tutti unanimemente schierati contro il potere. Non a caso il processo Enimont, la tangente da 150 miliardi di lire in cui chi fu imputato l’imprenditore Sergio Cusani che tirò in ballo i segretari del pentapartito (da Arnaldo Forlani Dc, a Bettino Craxi Psi, passando per Renato Altissimo Pli, Giorgio la Malfa Pri e Carlo Vizzini Psdi) ottiene il record di ascolti su Rai tre nel programma Un giorno in pretura rendendo il clima ancor più sensazionalistico arrivando quasi a osannare le figure del trio inquisitore Di Pietro, Davigo e Colombo.
Eppure 25 anni dopo il lascito non è così roseo come ci si aspettava. Anzi addirittura per Di Pietro l’inchiesta non ha per nulla portato quella ventata di pulizia e legalità che lo slogan «Mani Pulite» sembrava promettere: «L’inchiesta non è arrivata dove doveva arrivare, e qui sta tutta la mia delusione. Io mi sono dovuto dimettere, ho rischiato di essere ammazzato. A un certo punto una parte politica ha fatto scattare un sistema di delegittimazione: io e gli altri pm la mattina facevamo il nostro lavoro di magistrati, e nel pomeriggio diventavamo dei nuovi imputati». Un esito del tutto infausto e quasi grottesco per il numero uno di quella stagione.
Pier Camillo Davigo in occasione dell’anniversario di Tangentopoli ha usato parole altrettanto sconfortanti affermando che «Tangentopoli è ancora qui mentre Mani Pulite è finita 25 anni fa e da allora fino a oggi l’unica cosa che è cambiata è che adesso c’è desolazione da parte dell’opinione pubblica perché non crede più che possa cambiare qualcosa». Insomma se durante Tangentopoli almeno c’era una certa indignazione da parte dell’opinione pubblica dinanzi ai fenomeni di corruzione, sfociati con il famoso lancio delle monetine al leader del Partito Socialista Bettino Craxi al grido di «Ladro, ladro» il 30 aprile 1993, ora pare prevalere un sentimento di accettazione passiva dinanzi agli eventi, ritenuti ormai ineluttabili. Nel frattempo in Romania, la folla inferocita, con un presidio permanente nelle maggiori piazze del paese è riuscita a bloccare il provvedimento del governo dei socialdemocratici del Psd che avrebbe di fatto condonato circa 2150 casi di corruzione. Segno che quando i cittadini si fanno sentire (in maniera civile si intende) qualche risultato si riesce a ottenere. Beati loro!
Ivan Piedepalumbo
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