Martina tagliava i fondi, Salvini dice che la pacchia è finita: intanto i migranti muoiono sfruttati
I recenti incidenti nel Foggiano che hanno causato la morte di decine di migranti africani di ritorno da una giornata di raccolta di pomodori dimostrano inequivocabilmente due cose. La prima, più banale, è che la condizione di vita di queste persone non può per nessun motivo essere definita «pacchia», così come affermato da Salvini. Se il ministro è convinto che l’immigrazione sia un problema, lavori per risolverlo senza fomentare la rabbia sociale col suo linguaggio pericoloso.
La seconda, ben più importante, è che la sinistra non può continuare a dire che il modello di accoglienza a tutti costi – cioè quella che tende a criminalizzare ogni azione volta a fermare le partenze, a regolare i flussi e le espulsioni, quella che dice che le partenze sono inevitabili, che le persone che partono scappano tutte dalla fame o dalla guerra mentre in realtà sono migranti economici – sia moralmente superiore. Non può limitarsi a salvare vite (va da sé che il salvataggio in mare non va negato a nessuno) per poi rinchiudere quelle persone nel limbo dei centri di accoglienza e dire che va tutto bene. Accogliere masse di migranti senza pensare a come queste persone possano poi vivere dignitosamente e integrarsi in un paese dove già gli italiani (quelli delle fasce più povere e precarie si intende) non riescono a costruirsi un futuro non farà altro che acuire tragici fenomeni come questi, soprattutto al Sud, ogni giorno sempre più povero e dove ancora la malavita regna incontrastata in totale omertà, come già accennato nell’articolo Le vere vittime del razzismo.
Non serve a nulla fare le leggi contro il caporalato se poi tagli i fondi (in nome dell’austerity?) per gli ispettorati del lavoro e diminuisci i controlli, l’ex ministro Martina dovrebbe rileggersi i Promessi Sposi dove Manzoni parlava dell’inutilità delle grida poste per arginare il fenomeno dei bravi. Purtroppo questo sì (quello della gran proliferazione di leggi rimaste inapplicate) vizio del tutto autoctono che ancora non cessa di esistere. Dunque, da un lato si inizi a gestire l’immigrazione in modo serio, dall’altro si facciano serie politiche sociali e del lavoro volte a rendere dignitosa la vita del lavoratore (italiano e immigrato).
Nato nel 1993, felicemente piemontese. Dopo gli studi di ragioneria, mi sono addentrato in quelli di Lettere, conseguendo la laurea triennale. A breve, arriverà anche il titolo magistrale.