Il «Mein Kampf» torna in Germania dopo 70 anni
Als glückliche Bestimmung gilt es mir heute, dass das Schicksal mir zum Geburtsort gerade Branau am Inn zuwies. Liegt doch dieses Städtchen an der Grenze jener zwei deutschen Staaten, deren Wiedervereinigung mindesten uns Jüngeren als eine mit allen Mittel durchzuführende Lebensaufgabe erscheint!
Con queste parole inizia il Mein Kampf, il manifesto del personaggio che più nella storia ha raffigurato il male, Adolf Hitler. Importantissimo documento datato 1925, La mia battaglia è stato pubblicato per la prima volta in Germania quest’anno: i diritti dopo la guerra erano stati dati al land della Baviera che ne aveva impedita la diffusione. Passati 70 anni, e quindi diventata l’opera di pubblico dominio, finalmente abbiamo potuto assistere alla pubblicazione in tedesco di quello che viene ancora considerato un libro «proibito».
Chi scrive ne ha acquistata una copia in italiano (edizioni Clandestine, 12 euro) da Feltrinelli un paio di mesi fa e ha dovuto subire gli sguardi di disapprovazione degli altri clienti sin da quando ha preso il volume dallo scaffale.
In carcere per il tentato colpo di stato del 1923, sotto forma di autobiografia nel Mein Kampf Hitler espone il proprio pensiero politico e inevitabilmente finisce con il delineare il programma del Nsdap (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori). È un testo di filosofia politica in cui ebraismo e comunismo vengono descritti come i due mali gemelli del mondo.
Non intendiamo qui presentarvi un trattato sul Mein Kampf, non è lo spazio idoneo e noi non abbiamo le conoscenze necessarie. Questa riflessione riguarda soprattutto il fatto che quest’opera sia stata per 70 anni proibita in Germania, dove evidentemente la ferita nazista è ancora aperta: anche quest’anno probabilmente la Baviera si sarebbe opposta alla pubblicazione della summa del pensiero hitleriano, purtroppo però quando non si detengono più i diritti c’è poco da fare.
La mia battaglia è un testo estremamente importante sia dal punto di vista storico che da quello antropologico: è la perfetta fotografia di un uomo che è riuscito a realizzare la più grande tragedia della storia dell’umanità. I libri non vanno proibiti, vanno bensì spiegati: nell’era di internet, ma anche prima, non è assolutamente difficile reperire un testo attingendo dagli archivi esteri; un volume come il Mein Kampf è estremamente complesso e per questo motivo va spiegato in modo per quanto possibile sereno. Sia per non ripetere gli errori del passato (Hitler non ha preso il comando e realizzato l’olocausto da solo o con pochi intimi), sia per capire un periodo storico a noi ancora troppo vicino per essere esaminato con lucidità e freddezza.
Non si impedisce l’ascesa al potere di un nuovo Führer evitando di pubblicare il pensiero del predecessore. Solo la conoscenza può portare alla consapevolezza, e solo quest’ultima può impedire nuove follie.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
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