Nel presepe che vorrei, la Meloni rompe gli zebedei

giorgia Meloni, trionfante, mostra sui social la foto dove, con sorriso affabile e dolcezza sinora celata, tiene fra le mani le statuette di Latorre e Girone, i due marò accusati di aver ucciso due pescatori indiani, pronte per essere aggiunte al presepe di Fratelli d’Italia. Gesù bambino, come vuole la tradizione, sarà aggiunto domani mattina, ma i due fucilieri sono già presenti in tutto il loro splendore.

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Viene in mente la famosa frase di John Lennon, «I Beatles sono più famosi di Cristo»: i marò ora conquistano anche il presepio e non è che l’inizio! Il trionfo del nazionalismo anche quando non c’entra una beneamata mazza è a metà strada fra il paradossale e il patetico, in un circolo vizioso che lascia ben poco all’immaginazione. A questo punto è lecito aspettarsi per il 6 gennaio di ricevere i regali nel calzino di Girone. Come sempre l’ideologia sfocia nel kitsch, le idee nel pacchiano. Se i commenti su Facebook sono in gran parte di scherno, fanno riflettere i quasi 10mila «mi piace» conquistati dalla prode Giorgia che si batte, incurante dello sfregio dei komunisti, per le tradizioni in simbiosi con l’attualità. A parte il fatto che di marò avrebbe dovuto essercene solo uno, visto che – almeno fino al 15 gennaio prossimo – Massimiliano Latorre è in Italia, ci si chiede a cosa serva questa grottesca pantomima: se bastasse aggiungere due posti al tavolo del presepe per sistemare una controversia internazionale, vivremmo in un modo migliore. Bieca propaganda? Purtroppo pare essere questa la risposta. Giorgia Meloni, che in genere si era dimostrata – pur portatrice di idee fuori dal tempo e dalla logica – l’unico leader di destra con un minimo di serietà, si sta rapidamente adeguando all’inconsistenza del suo compagno di merende Matteo Salvini, a cui è sempre mancato il senso del ridicolo. Per seguitare questa sfilata dell’orrido, proponiamo un cambiamento radicale per Pasqua: le uova saranno in cioccolato scaduto dal 1966 (per solidarietà con le sofferenze patite dai due fucilieri della marina) e conterranno tutte un biglietto: «Memento maroni».