Memorandum: nascita, presa del potere, sviluppo e caduta del regime fascista
Prendere sottogamba il Fascismo come pericolo all’impianto democratico del paese Italia fu l’elemento decisivo, ma anche l’appoggio di grandi forze politiche dovuto ad un tentativo di sgambetto contro il governo in carica, fecero la loro parte. Quando Mussolini entrò al governo, fu appoggiato da esponenti liberali e nazionalisti, i quali si fusero nel partito fascista nel 1923.
La grande trasformazione ci fu non da un punto di vista economico, ma da un punto di vista del controllo democratico del paese, attraverso riforme forti che colpirono tutti i settori chiave: legge elettorale, lavoro, libertà di stampa, scuola.
La riforma della scuola privilegiò le materie letterali rispetto a quelle scientifiche e diede grossissimi poteri nelle mani dei presidi; la riforma del lavoro impostava un incontro della domanda e dell’offerta attraverso specifici uffici di collocamento, dove i datori di lavoro avevano la possibilità di scegliere il lavoratore da contattare e da mettere sotto contratto, preferendo graduatorie impostate secondo l’anzianità d’iscrizione al partito fascista.
La riforma elettorale, prettamente maggioritaria, prese il nome di legge Acerbo, dal suo primo firmatario. Essa passò con l’aiuto dei liberali, nonostante poco prima Mussolini avesse revocato loro alcuni ministeri di cui possedevano il controllo.
A mostrare la forza del maggioritario furono le elezioni comunali, dove con la forza le forze opposte al fascismo furono fatte fuori, con elezioni farsa e spesso con i soli fascisti come candidati a governare.
Le tecniche fasciste proseguirono sempre con l’arma della forza, accostando una milizia fascista all’esercito di Stato e rivendicando il potere su ciò che i giornalisti potevano o non potevano divulgare, con pene severe per chi avesse osato denunciare fatti o atti in contrasto con il regime fascista o che avessero destabilizzato il potere dell’esecutivo. Matteotti, in modo coraggioso, denunciò le elezioni farsa, ma questo gli costò un’aggressione, un sequestro e la successiva morte. Egli fu ritrovato in un bosco alle porte di Roma pochi giorni dopo.
Il percorso che portò il Fascismo a diventare regime fu relativamente lento e si concretizzò piano piano, seguendo un percorso di svuotamento dei poteri parlamentari e aumento spropositato dei diritti/doveri dell’esecutivo. Si passò da un iniziale comitato ristretto di fascisti, senza numero fisso, che si riunivano di notte con Mussolini, per impostare le scelte dell’esecutivo, aldilà degli altri componenti di maggioranza di governo. La possibilità di emanare norme anche senza il benestare del Parlamento, fu un passaggio fondamentale, ma non decisivo, seppur antidemocratico.
Successivamente gli accordi con il Re, con gli industriali e con la Chiesa, chiusero il cerchio. I patti Lateranensi firmati nel 1929 (firma rappresentata nella foto precedente) furono il culmine del percorso che portarono Mussolini all’apice.
Per mantenersi al potere il Fascismo non si basò soltanto sulla violenza e la coercizione popolare. Mussolini allargò il consenso attraverso strumenti di propaganda affinati per quel periodo storico, come la tecnologia (attraverso la radio) e le organizzazioni giovanili e dopolavoristiche, sfruttando l’impronta dei successi sportivi degli atleti italiani per gonfiare la sua posizione di politica estera.
Famosi intellettuali diedero appoggio al Fascismo, come Pirandello, Gabriele D’Annunzio e Guglielmo Marconi. Queste scelte possono essere tracciate anche come opportunistiche da parte di taluni intellettuali. Il Fascismo definì addirittura se stesso attraverso una voce dell’enciclopedia generale realizzata dal fascista Gentile. La definizione, scritta personalmente da Mussolini, puntava a mostrare una posizione nazionalista, non ugualitaria, squadrista e di organizzazione improntata perennemente ad una prossima guerra. L’esaltazione della violenza (con cui i fascisti si fecero spazio inizialmente) mantenne, quindi, una posizione predominante.
Nacque l’EIAR (Ente italiano audizioni radiofoniche), ed esso diede una grossa spinta alla diffusione delle ideologie interne al Fascismo, con Mussolini stesso che spesso interveniva in prima persona, facendosi sentire da tutto il popolo e comunicando in modo astuto con loro. Egli veniva udito in qualsiasi zona d’Italia, ed i suoi discorsi semplicistici facilitavano la comprensione anche agli analfabeti.
Le vittorie dell’Italia di Pozzo ai mondiali del 1934 e del 1938, aggiunte alla medaglia d’oro olimpica di Berlino del 1936, furono un grosso assist in termini patriottici, prontamente sfruttato da Mussolini per gonfiare nel popolo un senso nazionalistico. L’arrivo delle Corporazioni falsificarono i valori rappresentativi in campo, rendendo apparentemente rappresentati nei comuni e nel Parlamento i cittadini operai, che tuttavia venivano semplicemente aggirati in quanto le scelte principali venivano prese direttamente dal partito fascista in collaborazione stretta con i potentati dell’economia italiana.
Opera finale, nel 1939, lo scioglimento della Camera dei Deputati al termine del 29° legislatura e l’avvio della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, convocata dal duce Mussolini secondo suoi termini temporali e sciolta da Mussolini tramite suggerimento di un decreto regio.
Come ogni dittatura anche il Fascismo cercò di dare vita a uno Stato totalitario, caratterizzato dall’occupazione di ogni spazio di potere. Nella realtà però il regime non arrivò mai ad ottenere questo fine, fermandosi ad una sorta di totalitarismo imperfetto, in un paese che rispose talvolta con l’opposizione più spesso con l’indifferenza. Con totalitarismo, s’intende l’occupazione totale di qualsiasi spazio di potere, compreso il monopartitismo, che di fatto si traduce in un’assenza di democrazia.
Una resistenza esistette sempre, lungo tutto il periodo fascista, talvolta rappresentata da scontri tra istituzioni fasciste ed esterne al Fascismo. Nello specifico, ricorderei lo scontro sul piano educativo e culturale tra i gruppi giovanili fascisti e le organizzazioni dell’Azione cattolica, che se pur talvolta occultamente, si posizionarono in condizione di essere rivali. Questo creò nella maggior parte dei giovani universitari di diverse località italiane, una scelta d’iscrizione all’Azione cattolica, e non ai giovani universitari fascisti.
Si crearono due situazioni diverse di opposizione al Fascismo, accompagnati da figure illustri della cultura italiana: gli indifferenti e gli antifascisti. Nel primo gruppo possiamo inserire tutti quei cittadini italiani che rimasero ai margini delle organizzazioni fasciste, che tuttavia negli anni del regime non seppero o non ebbero il coraggio di porsi in prima persona contro il regime stesso.
Dall’altra parte, troviamo gli antifascisti, presenti occultamente nel territorio italiano, anche attraverso quelle organizzazioni partitiche che provavano in segreto a riorganizzare un loro assetto politico, senza tuttavia trovare solide basi d’accordo tali da buttare giù il regime. Possiamo ritenere questi partiti gruppi il germe nascente del CLN (comitato di liberazione nazionale), che nacque successivamente, nel 1943. Alcune personalità importantissime del movimento antifascista, possiamo individuarle in Filippo Turati, Sandro Pertini, Cesare Pavese e Antonio Gramsci, fondatore del partito comunista italiano nel 1921, che nel 1928 fu condannato dal Tribunale speciale a vent’anni di carcere.
Per quanto riguarda il versante della politica estera lungo il ventennio fascista, possiamo dire senza dubbi che uno degli obbiettivi di Mussolini fosse già in origine, quello di far saltare gli equilibri post bellici europei, affermatisi con il Trattato di Versailles del 1919.
Le mosse di Mussolini, tuttavia, furono lente ed ambigue, in quanto l’Italia sempre secondo il Trattato di Versailles, aveva ottenuto una posizione importante datale dal rango di potenza vincitrice.
La guerra d’Etiopia del 1935-1936, mostrarono la mania imperialista di Mussolini. L’attacco all’Etiopia fu preparato perché essa rimaneva ormai l’unico territorio africano conquistabile, perché non controllato e posto come colonia di uno Stato europeo. Apparentemente la posizione dell’Etiopia all’interno della Società delle nazioni, rendeva difficile un approccio ed un permesso da parte degli altri Stati membri per trovare un cavillo sul quale attaccarsi per dichiarare guerra all’imperatore d’Etiopia Hailè Selassiè. Lo spunto fu atteso fino al 1934, quando uno scontro tra Somalia italiana ed Etiopia, diede il via libera a Mussolini.
Il 3 ottobre 1935 le truppe italiane varcarono il confine dell’Etiopia, dando inizio ad un’aggressione non preventivata, dato che nessuna dichiarazione di guerra fu presentata in date antecedenti all’attacco. L’imperatore d’Etiopia si difese facendo appello alla Società delle nazioni, ed ottenne come risultato delle sanzioni economiche contro l’Italia.
Nella nostra ricostruzione siamo arrivati al Patto d’acciaio. Il patto d’acciaio tra i due regimi nazionalistici principali dell’Europa, fu firmato il 22 maggio 1939. Esso conteneva 3 articoli, che sostanzialmente sancivano una santa alleanza tra le due parti, sia da un punto di vista diplomatico, sia da un punto di vista bellico.
Nello specifico, l’articolo 1, sanciva l’obbligo tra le due parti di un continuo e perenne confronto, allo scopo di trovare intese sulle questioni principali, riguardanti gli interessi comuni ed europei.
L’articolo 2 sanciva l’obbligo di un immediato confronto tra le parti nel caso in cui un avvenimento internazionale avesse posto in pericolo gli interessi comuni delle due parti contraenti, al fine di trovare una soluzione concordata alla risoluzione della problematica in atto.
Il secondo conflitto mondiale, per l’Italia cominciò con il famoso discorso di Mussolini, che dichiarò guerra alla Francia ed alla Gran Bretagna.
L’illusione fascista fu quella di entrare in un conflitto che si sarebbe risolto in pochi mesi e l’Italia potesse espandersi territorialmente in Europa meridionale e nel Mediterraneo, compresa la Corsica, Nizza, la Tunisia, Gibilterra, Malta, la Somalia francese e britannica.
Il 28 ottobre 1940, l’Italia attaccò la Grecia. Data non casuale, in quanto essa coincideva perfettamente con l’anniversario della Marcia su Roma. Tuttavia l’attacco, anziché distruggere la resistenza del modesto esercito greco, rischio di mettere a repentaglio anche i confini albanesi conquistati precedentemente da Mussolini. Fu un totale fallimento.
In Libia l’attacco britannico su difficoltosamente fronteggiato fino al gennaio 1941, quando l’Italia fu sconfitta e 133 mila italiani furono fatti prigionieri; in Etiopia la sconfitta arrivò nel maggio 1941 e così, cadde l’impero africano italiano, baluardo della propaganda fascista.
Nella notte tra il 24 ed il 25 luglio del 1943, il gran consiglio del fascismo votò la sfiducia a Mussolini. Un modo per salvare e provare a far reggere un regime che ormai stava cedendo, nel momento in cui il Re accettò le dimissioni di Mussolini, che fu inoltre arrestato.Il giorno successivo, il 9 settembre 1943, a Roma, nacque il già citato C.L.N., comitato di liberazione nazionale. Esso fu una sorta di governo ombra, del tutto clandestino, che si mise l’obiettivo di combattere i nazifascisti presenti nel territorio italiano. Per la prima volta dalla marcia su Roma, gli antifascisti riuscirono concretamente a trovare un’unità d’intenti, tale da unire per un unico scopo forze politiche con idee differenti, ma funzionali al progetto di liberazione nazionale. In esso confluirono rappresentanti del Partito Comunista Italiano, della Democrazia Cristiana, del Partito Liberale, del Partito Socialista, del Partito d’Azione e della Democrazia del Lavoro.
Nel giugno 1944, Roma fu liberata, la Toscana ad agosto.
Nel nord del paese, l’organizzazione partigiana riuscì a resistere alle milizie tedesche e ad aprile 1945, tutta l’Italia fu liberata.
Di conseguenza alla liberazione totale dal sistema fascista della nazione italiana, e con il ritorno ad una nazione democratica, fu indetto un referendum a suffragio universale (per la prima volta comprese le donne), per far decidere agli italiani la forma di Stato che più ritenessero consona, tra Repubblica e Monarchia.
Agli italiani fu presentata la seguente scheda.
Il 2 giugno 1946, fu esercitato il diritto di voto, che diede la prevalenza alla forma repubblicana. Per la precisione, l’esito esatto del referendum fu dato dalla corte suprema di cassazione, che il 12 giugno 1946, proclamò la vittoria della forma repubblicana con 12.672.767 voti. Tutti i ricorsi furono respinti, in quanto questa differenza diede comunque la maggioranza assoluta ai repubblicani.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.