Un mondiale brutto, ma equilibrato
È un mondiale di calcio sui generis. Anzitutto perché manchiamo noi e se manchiamo noi, non mancano solo quattro coppe del mondo, ma viene meno il paese più calciofilo in assoluto. Questa ormai è storia da accettare. Con qualche dolore, ma è da accettare.
In Russia si sta giocando un mondiale che di spettacolare ha ben poco. Poche, pochissime, le partite fin qui belle e piacevoli. Ad oggi, quasi nessuna di quelle giocate verrà probabilmente ricordata. Tanti tatticismi, squadre chiuse e ben poco altro. Nessuna partita che metta in dubbio la voglia della pennichella pomeridiana. Si dirà che sono appena terminati gli ottavi di finale. Certo. È pur vero che quattro anni fa vedere giocare l’Olanda, piuttosto che la Germania, era un piacere. In Sud Africa 2010 la Spagna giocava un calcio di rara bellezza, fatto di geometrie, accelerazioni e fantasia. A Russia 2018 lo spettacolo manca. È assente. Il bel gioco sembra non interessare e nessuna nazionale dà l’idea di poter spadroneggiare sulle altre.
Persino il Brasile che, storicamente, ha lo spettacolo nel DNA, gioca male: tanti individualisti che faticano a trovarsi. E, se non fosse per la casacca verde-oro, probabilmente ci dimenticheremmo che è il Brasile. Anzi, tutt’altro, sembra proprio che il Brasile stesso abbia fondato la propria forza su una solidissima difesa con un solo goal subito in 4 partite. Dato che snatura indiscutibilmente la sua storia fatta di calcio champagne, offensivo e, a volte, scriteriato. Quel calcio bello proprio perché senza criterio e pieno fino al midollo di fantasia. È proprio la fantasia che manca in questo mondiale e, probabilmente, sempre di più nel calcio moderno. Il genio, l’invenzione e la creatività sono assenti o molto rari.
Certo è che i campioni non mancano, o non sono mancati. Citare Cristiano Ronaldo e Messi sarebbe troppo facile. Iniesta è stato lontano parente di quello ammirato con il Barcellona e Asensio non ha neanche sfiorato il gioco che aveva con il Real. Higuain e Dybala non pervenuti. Basti poi pensare che fuori dalla competizione ci sono nazionali come la Germania, quattro volte campione del Mondo e detentrice del trofeo, la Spagna, il Portogallo e l’Argentina per capire questo è un mondiale diverso. Meno spettacolare, ma sicuramente più equilibrato. Se il Brasile è favorito, forse fin troppo quotato, ci sono parecchie outsider: Croazia e Belgio su tutte. Entrambe queste due nazionali si somigliano molto: gioco concreto e fisico. E, per come sta evolvendo la competizione, il cinismo farà la differenza.
A oggi, davvero tutte le nazionali ancora in gara hanno la possibilità di vincere. E non è una frase di rito. È davvero così. Certo, puntare sulla Svezia o sulla Russia, può essere rischioso, però sono arrivate fin qui e, con un po’ di fortuna, possono davvero puntare a risultati storici (Euro 2004, con la Grecia campione d’Europa, qualcosa insegna). Senza poi dimenticare l’Uruguay, squadra forte e compatta e i sud americani quando giocano per la loro nazionale tirano fuori qualcosa di più, sempre.
La nazionale che può dare più fastidio ai brasiliani è, con ogni probabilità, la Francia: senza dubbio la più abituata a questi livelli e, individualmente, competitiva; ma attenzione alla Croazia, generazione di campioni che sanno vincere (Modric, Kovacic e Rakitic su tutti) e che, se non perdono la bussola, hanno ottime probabilità di arrivare fino in fondo.
Emiliano, nato nel 1993, con un occhio di riguardo per gli ultimi di questo mondo e la musica di Fabrizio De André nel cuore.