E chissenefrega del Natale nelle scuole

pensate, si è mosso pure Mario Adinolfi, anche se era prevedibile: ogni anno in questi tristi giorni di novembre un uomo si alza e capisce che per dare un senso alle sue giornate non deve festeggiare il Natale nella scuola in cui insegna o che dirige. Chi scrive ricorda benissimo, senza molta malinconia, le feste alla scuola materna (ero dalle suore) e alle elementari: cori di bambini che deliziavano i genitori con Jingle Bells, Tu scendi dalle stelle e altre festose celebrazioni della nascita di Cristo.

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La scuola, secondo quanto riporta il Giorno, è a Rozzano, nel milanese. La decisione del preside reggente ha scatenato un putiferio soprattutto negli ambienti di quella destra becera e catto-conservatrice che sguazza nei finti problemi quando il paese è allo sbaraglio. Ma chi se ne frega del Natale nelle scuole! Un po’ di coerenza: o fate come il preside di Rozzano oppure celebrate il Natale, ma anche Chanukka, Rosh haShana, i Giorni del Pellegrinaggio alla Mecca, la Notte di Shiva e così via. In quest’ultimo caso l’anno scolastico diventerebbe un perpetuo concertino e le attività didattiche andrebbero allegramente in vacca. Perché bisogna celebrare il Natale a scuola? Il fatto che siamo uno Stato, come quasi tutti quelli occidentali, di tradizione cattolica si ripercuote ovviamente sulle festività, in gran parte religiose; fermiamoci qui. Il Natale va celebrato religiosamente a casa propria con quanti intendono condividere questo giorno, mentre a scuola si impara a conoscerlo in modo storico e laico, come le festività delle altre religioni. Ci vantiamo tanto di essere uno Stato laico (che non significa «ateo») e poi vogliamo imporre le festività religiose a scuola: non è questione di lontananza da una religione, bensì di buon senso. Se ci pieghiamo a festeggiare il Natale perché «tutti sono cattolici», continuiamo a sopportare quella democrazia che è dittatura della maggioranza e non riconoscimento e valorizzazione delle differenze.