Il Nemo di Amsterdam: un museo interattivo
Dalla nostra corrispondente Amsterdam
Uno dei musei più visitati dei Paesi Bassi è il Nemo Science Museum ad Amsterdam, che si guadagna un meritato quinto posto con quasi 600mila biglietti annui venduti.
La storia di quest’importante attrazione inizia nel 1923, quando l’artista Herman Heijenbrock apre il Museum van den Arbeid (letteralmente Museo del Lavoro) nel cuore di Amsterdam. Nel 1954, il nome viene mutato in Nint o Nederlands Instituut voor Nijverheid en Techniek (lett. Istituto Olandese per l’Industria e la Tecnica); nel 1997 subisce un’ulteriore modifica, diventando newMetropolis, nome da cui deriva l’attuale Nemo Science Museum (Museo delle Scienze). Il 1997 è un anno di grandi cambiamenti per l’istituzione: oltre al nuovo titolo, l’intera collezione viene trasferita in una nuova sede, tutt’ora in uso. Si tratta di un enorme edificio in rame, alto 22m, che si trova a qualche centinaio di metri dalla Stazione Centrale della città. Architetto? Il nostro Renzo Piano. La modernità di questo nuovo spazio espositivo è rapidamente diventata uno dei simboli di riconoscimento della collezione stessa.
Quest’ultima vanta all’incirca 17mila artefatti che raccontano la storia del rapporto dell’uomo con l’energia (e le scienze) nel suo senso più ampio: dal parlografo al Walkman, dall’arco di luce al lampione, dal generatore d’impulsi all’antica dinamo, non manca proprio nulla!
Per capire la ragione del sorprendente successo del Nemo bisogna fare un passo indietro nel tempo: chi di voi da piccolo non si è mai annoiato durante la visita di un museo con la scuola o i genitori? Io sì, ho ricordi d’interminabili ore spese ad ascoltare i dipendenti museali spiegare, spiegare e ancora spiegare. Cosa ricordo di quei discorsi? Nulla. I bambini hanno bisogno di un approccio diverso da quello didattico tradizionale «passivo», ossia basato su di un rapporto univoco tra educatore e ragazzo. La proposta culturale del Museo delle Scienze di Amsterdam ribalta completamente questa conservativa visione dell’apprendimento: il bambino – così come anche l’adulto – da semplice osservatore diventa vero e proprio protagonista. Non c’è nulla tra le mura del Nemo che non possa essere toccato, anzi i visitatori imparano i principi base di scienza e tecnologia realizzando, sperimentando e usando i propri sensi attraverso giochi, piattaforme digitali, schermi interattivi e chi più ne ha più ne metta. L’obiettivo del museo è quello di far avvicinare il pubblico alla scienza stimolandone la curiosità in un modo più accessibile e anti-convenzionale. All’interno dell’edificio, al terzo piano (di cinque), si può perfino trovare un laboratorio in cui i visitatori possono, seguiti da un team di esperti in materia, condurre esperimenti scientifici come testare la vitamina C su certe sostanze o osservare il DNA. Il quarto piano, inoltre, è dedicato alla mente umana: circa un quarto di spazio è riservato alla sessualità. Pensato in particolar modo per gli adolescenti, tratta esplicitamente tutti gli argomenti, dall’orgasmo al kamasutra, dai cambiamenti del corpo durante la pubertà agli ormoni, dai metodi anticoncezionali all’Hiv. Una cosa sicuramente irrealizzabile in Italia, ancora troppo chiusa nei suoi taboo. Il motto del Nemo – e dell’intero sistema educativo olandese – è «sviluppo tramite la conoscenza»: puntare sull’istruzione è fondamentale per il progresso del Paese.
Le due parole chiave del Science Museum di Amsterdam sono «sperimentazione» e «coinvolgimento»: apprendere le nozioni tramite la partecipazione attiva e la pratica è, a mio parere, il metodo più efficace – e a misura di bambino – di conoscenza. E poi, diciamoci la verità… chi non ha mai sognato un museo in cui non ci si annoia?!
Laureata in Economia dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, frequento la magistrale in Marketing e Mercati Globali all’Università di Milano-Bicocca. Innamorata della cultura, nel mio piccolo cerco di diffonderla il più possibile.