Non è (solo) colpa di Ventura e Tavecchio
Se la sera del 13 Novembre un alieno fosse arrivato sulla Terra, leggendo i commenti dei giornali sportivi, sarebbe giunto alla conclusione che il calcio è uno sport individuale e che Ventura, il giocatore dell’Italia, è stato sconfitto dalla Svezia.
Con la solita galanteria, tipica dei giornali sportivi italiani, Ventura è stato massacrato, annichilito. Unico capro espiatorio, insieme a Tavecchio, della disfatta italiana agli spareggi play-off per entrare nelle migliori 32 squadre che andranno a giocare il mondiale a Giugno. Il garbo, l’eleganza e la critica, come non appartengono a molti giornalisti sportivi, non appartengono nemmeno ai commentatori furibondi del web. E, anche in questo caso, il leitmotiv è sempre Ventura: Ventura che non fa giocare Insigne, Ventura che sbaglia la formazione, Ventura che sbadiglia.
A tutto questo si aggiunge un’altra caratteristica, tipicamente italiana, che si esplica con la mai pronunciata espressione: “bisogna azzerare tutto e ripartire”. Quindi dopo avere trovato il colpevole e averlo adeguatamente mitragliato, fino a sentire un finissimo orgasmo, si cancella tutto (che poi cosa voglia dire non si sa) e l’autocritca (accuratissima) finisce qua.
Intendiamoci, nessuno vuole difendere né Ventura né Tavecchio, entrambi hanno importanti responsabilità, seppur diverse, nella disfatta sportiva del 13 Novembre, ma attribuire tutte le colpe a loro è semplicemente riduttivo. È sacrosanto che Tavecchio si sia dimesso e lo stesso avrebbe dovuto fare Ventura, rifiutando i 700mila euro di stipendio da novembre a giugno e salvando la dignità.
Tra le gare di andata e di ritorno la Svezia si è dimostrata ben poca cosa, non è mai riuscita a fare tre passaggi di fila, non un tiro in porta e non sono stati quasi mai pericolosi. Tuttavia siamo riusciti nell’impresa di perdere, e non è da poco. I giocatori svedesi hanno però due grossi meriti che nello sport contano molto di più di ogni noiosissimo tatticismo: sono stati una Squadra con la S maiuscola per 180 minuti e hanno messo l’anima in campo. Quando coesistono questi due principi, puoi affrontare anche il miglior Real Madrid e difficilmente perdi. Gli svedesi hanno messo il cuore su ogni pallone, grinta, affiatamento e voglia di vincere, pur non avendo esaltanti doti tecniche. Tutto quello che è mancato all’Italia che ha affrontato la partita in maniera superba, sicura di vincere facile e con l’arroganza di chi sa di essere più forte. Però l’Italia non è stata squadra e non lo è da quando, dopo il pareggio di inizio ottobre con la Macedonia, i giocatori si sono incontrati in riunione escludendo proprio Ventura e i suoi collaboratori. Il gruppo si è evidentemente spaccato dopo le partite con Spagna e, appunto, Macedonia e, da mero osservatore esterno, i dubbi su chi possa aver rotto con lo staff vengono: che sia stato il gruppo juventino con Buffon, Barzagli e Chiellini? Questo non si può sapere e certamente non ce lo dicono i giornalisti Rai (guai a toccare San Buffon da Carrara!). Resta il fatto che dalla partita successiva con l’Albania, casualmente, si passa dal 4-2-4 di Ventura al 3-5-2 che ha fatto grande la Juve negli ultimi anni, mettendo in campo la difesa della Vecchia Signora fino alla stagione passata, Barzagli-Bonucci-Chiellini. Si può dire con certezza che tra la squadra e lo staff tecnico qualcosa si è rotto e i play-off ne hanno dato la conferma.
Le maggiori responsabilità prima di tutto, prima di Ventura e Tavecchio, andrebbero ricercate nelle mancanze dei giocatori, oltre che tecniche tra la partita di andata e ritorno, anche, e soprattutto, di spogliatoio.
Il calcio è strano: sono i giocatori che scendono in campo e disputano la partita. Tuttavia, i giocatori sono passati in secondo piano, quasi non fossero loro a gareggiare contro la Svezia.
Emiliano, nato nel 1993, con un occhio di riguardo per gli ultimi di questo mondo e la musica di Fabrizio De André nel cuore.