«Non una di meno»: in piazza contro la violenza di genere
Il prossimo 26 novembre Roma e tante città si riempiranno di matrioske, in occasione della giornata internazionale contro la violenza contro le donne. Questa ricorrenza si ripete ogni anno dal 1999, quando l’Assemblea delle Nazioni Unite istituì questo giorno (25 novembre) per dare una rilevanza transnazionale alla discriminazione di genere. Per quanto riguarda la Capitale, l’appuntamento è per tutt* alle 14 a Piazza Esedra, ma non vuole essere affatto un evento solo celebrativo.
Qualcun* ricorderà il movimento «Se non ora quando?» che nel 2011 affollava le strade di tutta Italia contro le discriminazioni e il sessismo. È bastato poco, e il tema è ricaduto nell’oblio dei media. Quello che si vuole portare avanti stavolta è invece un progetto che guarda lontano, con più determinazione di prima. Forse un punto di inizio può essere l’assemblea dell’8 ottobre di quest’anno svoltasi alla facoltà di Psicologia della Sapienza a Roma, dove più di 500 donne hanno dato vita a un dibattito su argomenti di vario tipo, tutti collegati da un tema di fondo: la lotta alla discriminazione di genere. Il 26 novembre, questo movimento avrà la sua nascita ufficiale.
Proseguirà il 27 sempre a Roma, in via Bixio, dove si terrà un’assemblea con tavoli tematici che tratteranno di sessismo nei media, femminismo migrante, educazione dell’infanzia, autodeterminazione in ambito sessuale, percorsi di fuoriuscita dalla violenza, e tanto altro.
È importante capire il messaggio che vuole lanciare il movimento «Non una di meno»: non una rappresentazione vittimistica delle donne, ma una piena volontà di autodeterminarsi ed essere determinanti nello spazio pubblico. Si vuole infatti trattare la violenza non come un fatto privato, ma come un problema pubblico, istituzionale, e in primis culturale. Il movimento, inoltre, ha carattere transnazionale, perché dialoga con molte realtà del mondo, come i movimenti delle donne argentine e la resistenza curda.
Non si devono dimenticare i protagonisti maschili di queste vicende: quella alla discriminazione di genere non vuole e non deve essere una lotta al genere maschile. Per anni infatti il femminismo italiano è stato pervaso dall’idea che le donne non dovessero mischiarsi con una società governata da soli uomini, ormai maschilista, e quindi portare avanti la loro battaglia isolate dalle istituzioni. Nulla di tutto questo, questa lotta anzi coinvolge temi apparentemente estranei ma strettamente collegati alla discriminazione di genere come il razzismo e l’omofobia.
«Il personale è politico», gridavano le allieve di Simone de Beauvoir, e questo continua a essere vero anche a 30 anni dalla sua scomparsa.