Padova: la disciplina per i giornalisti in Comune

il giornalista è il cane da guardia del potere, diceva Pulitzer. Ed è abbastanza normale che i potenti tendano a fuggire da questo controllo, a volte asfissiante a volte più conciliante. Fa un certo effetto quando lo fanno in modo talmente maldestro da mostrare a tutti il vero motivo di certi provvedimenti: non avere i giornalisti — soprattutto quelli scomodi — tra i piedi.

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Succede a Padova. Vi abbiamo parlato molte volte del sindaco leghista Massimo Bitonci, che in due anni di «regno» ha cercato di rendere il capoluogo veneto il proprio feudo personale; ecco, risale a pochi giorni fa l’ultima trovata dello «sceriffo», con cui intende regolare l’accesso e l’attività dei giornalisti all’interno del municipio. Se è comprensibile che «l’accesso dei giornalisti, fotoreporter e operatori televisivi» sia »consentito a mezzo di un badge nonché consegna di documento di identità al servizio di portineria», sempre che questo non porti a una «selezione» di chi può entrare in Comune; è assurdo che il tutto sia «coordinato dall’Ufficio stampa del Comune il quale comunica agli interessati il calendario delle conferenze stampa» e che «non viene consentito l’accesso né la sosta all’interno del Palazzo Comunale in nessun’altro (sic!) caso al di sopra di quelli elencati».
12004146_911041255612154_6192751150557413518_nL’amore di Massimo Bitonci verso l’ordine anche questa volta ha sbattuto contro il muro dell’irragionevolezza: «Comune» significa anche «di tutti» e dev’essere un luogo accessibile a chiunque, soprattutto a chi deve frequentarlo per questioni lavorative. Ci si chiede perché debba poi occuparsi di tutto l’Ufficio stampa di palazzo Moroni e non, a seconda delle esigenze dei singoli consiglieri comunali o di giunta, chi viene ritenuto più opportuno da ciascuno? La spinta al monopolio dell’informazione è evidente e questo non può giovare a un’istituzione democratica.

BUONE NOTIZIE (6 luglio 2016)
I giornalisti tornano in Comune. Leggi qui