Patente? Sono idonea ed è già molto
La patente, fase uno. Il fatto che io potessi guidare mi ha sempre fatto sorridere: non conosco nemmeno una strada, mi dovrei far impiantare un navigatore nel cervello. Avevo atteso tre anni, nella speranza di poter usare il tram e solo il tram per sempre. Ma il tram non arriva ovunque, non fa la strada che vuoi e la sera è diradato. Ero stufa, semplicemente, stufa di pesare sui miei genitori e sui miei amici. Volevo la patente, mi sarei accontentata anche della patente di iettatore di pirandelliana memoria. Così sono andata a farmi esaminare, mi hanno messo in un simulatore. Il simulatore è l’interno di un’auto, sedile, volante con manovella per girarlo meglio e freno/acceleratore a portata di mano. Frena accelera Frena una decina di volte. Una mia amica con problematiche fisiche simili alle mie ha detto che non ha passato l’esame, perché «non aveva la costanza della forza». Qualunque cosa sia, io ce l’ho. Poi le luci del simulatore si accendono, devi frenare e accelerare man mano che le vedi, come un videogioco. Per lo sforzo il mio corpo continuava a scivolare verso il basso, l’hanno assicurato stretto stretto con la cintura. La prova sul circuito vero, invece, con una Panda vera è stata un disastro a livello psicologico. Il volante non aveva la manovella, ma un’altra diavoleria ed era incredibilmente pesante. Continuavo a girare, gravo, giravo con tutte le mie forze eppure la Panda continuava andare dritta. Il tuo volante avrà la manovella, mi hanno detto, sei forte, hai i riflessi, guiderai. Contenti loro. Sono stata dichiarata «idonea con adattamenti».
La patente, fase due. Pensavo di dover passare altri esami, pensavo di dover tornare nel simulatore, invece niente, una firma su un foglio, una rapida visita oculistica e aspetta il certificato. Durata dell’operazione 10 minuti, totale dell’attesa allo sportello, due ore e mezza, quando chiamavano i numeri sembrava di giocare a tombola, poi corri dal fotografo lì vicino a farti la fototessera. Quando arriverà il certificato allora avrò sei mesi di tempo per conseguire la patente. Semplice, no? Per niente, la pratica mi fa paura.
«Hai ventun anni?»
«Sì».
«Ed è la tua prima patente?»
«Sì».
«Perché non sei venuta prima?»
«Avevo paura».
«Di cosa?»
«Di investire la gente». Ora le mie paure sono cambiate, ho paura di non riuscire nemmeno a far partire la macchina. Ma poi mi vedo sulla mia pandina «geneticamente modificata», col cambio automatico e Speedy3 al posto del sedile e non mi spavento più di nulla. Nella nuova fototessera sono insolitamente carina, è perché ho fatto quello che faccio sempre, ho sorriso e guardato l’obiettivo senza chiudere gli occhi.
Impegnata tra libri e scacchi, in movimento tra Padova e Torino, sempre con una forte dose di sarcasmo.