Caso Van Gogh: rubare le opere d’arte paga
Sottratti nel 2002 al Museo Van Gogh di Amsterdam, venerdì 30 settembre sono stati ritrovati i due capolavori dell’artista olandese La spiaggia di Scheveningen durante un temporale (1882) e Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen (1884). A recuperarli il Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli che, impegnato in un’operazione contro il narcotraffico gestito dalla Camorra, ha trovato le due opere – miracolosamente intatte, avvolte in un lembo di stoffa – all’interno di un casolare a Castellammare di Stabia (Napoli).
Nonostante i due quadri siano di ridotte dimensioni – 34×51 cm uno e 41×32 cm l’altro –, al momento del furto l’allora direttore del museo di Amsterdam non fu in grado di quantificare monetariamente la perdita, poiché opere talmente preziose da avere un valore inestimabile. La spiaggia di Scheveningen, infatti, è l’unico dipinto del museo che testimonia l’attività di Van Gogh a L’Aia, mentre l’altra opera rappresenta la chiesa di Brabant, dove il padre dell’artista esercitava il sacerdozio, ed è quindi legata in modo particolare agli affetti familiari del pittore.
Il valore dei due dipinti ora si stima, guardando anche al successo delle tele vangoghiane nelle maggiori aste internazionali, intorno ai 100 milioni di euro. Un colpo grosso, quindi, quello dei nostri finanzieri che, dopo ben 14 anni, ha permesso di depennare dalla lista Top ten art crimes dell’Fbi queste due opere. Decisive sono state le dichiarazioni di Mario Cerrone, camorrista arrestato assieme a Raffaele Imperiale: proprio nell’abitazione di quest’ultimo, presunto narcotrafficante, è stata portata a termine l’operazione «Vincent».
Tuttavia, l’entusiasmo per il fortunato ritrovamento viene smorzato dalla mancanza di adeguate sanzioni e pene per chi compie un cosiddetto «furto d’arte». Il nostro Codice dei Beni Culturali, emanato nel 2004 dall’allora ministro Giuliano Urbani, prevede delle sanzioni irrisorie per chi danneggia e/o saccheggia il patrimonio culturale e un massimo di tre anni di reclusione. Raffaele Imperiale, infatti, è stato arrestato solo per l’accusa di narcotraffico, ma non c’è traccia di una condanna per traffico illecito di opere d’arte.
È dal 2011 che l’Italia attende l’approvazione del Ddl Galan che permetterebbe il raddoppio delle pene da 3 a 6 anni e la conseguente carcerazione del delinquente. La caduta del governo Berlusconi e il susseguirsi di altre brevi parentesi governative (Monti, Letta) hanno causato l’interruzione del procedimento. Sarebbe il caso che il presidente Renzi e il ministro Franceschini prendessero posizione a riguardo e adottassero provvedimenti per arginare quello che risulta essere il quarto mercato nero internazionale dopo droga, armi e prodotti finanziari: alla nostra Italia sono già state sottratte illecitamente ben 22.252 «opere di particolare rilevanza», come riportato sul sito dei carabinieri.
Laureata in Economia dei Beni Culturali all’Università Ca’ Foscari di Venezia, frequento la magistrale in Marketing e Mercati Globali all’Università di Milano-Bicocca. Innamorata della cultura, nel mio piccolo cerco di diffonderla il più possibile.