Perché dobbiamo smettere di lodare i bambini
Quante volte ci capita di sentire genitori rivolgersi ai propri figli con frasi del tipo: «Smettila o vai in castigo!», «Chiedi scusa!», «Se finisci di mangiare la verdura puoi mangiare il dolce», «Hai imparato a…? Bravo!», «Si dice per favore», «Guarda che le prendi!». Frasi di questo genere sono ritenute comunemente il modo per impartire ai bambini una corretta educazione, per insegnare loro cosa è giusto e cosa è sbagliato, con il giusto equilibrio tra severità e tolleranza. Ma non è esattamente così, e rivolgersi ai bambini con questi toni non permette di ottenere veri risultati positivi, né dal punto di vista del comportamento né da quello dell’autostima e del loro benessere psicologico.
Ciò è stato ampiamente dimostrato e argomentato da Alfie Kohn in numerose pubblicazioni, ma non è necessario ricorrere a studi scientifici e a manuali di psicologia per comprenderlo. Basta riflettere sul modo in cui le frasi citate cercano di raggiungere l’obiettivo: si tratta di punire i comportamenti ritenuti negativi e di rinforzare quelli positivi, in modo che i primi non si ripetano e i secondi sì. In pratica la logica di premi e punizioni, detta da Kohn quella dell’«amore condizionato». Non è difficile capire il perché di questo nome: il messaggio che passa a un bambino che viene punito (o premiato) è che i genitori lo amano e lo rispettano solo se lui si comporta in un certo modo. Questo non aiuta affatto a sviluppare la sua autostima, anzi: è dimostrato che questo metodo educativo contribuisce a formare adulti insicuri, con scarsa autostima e più portati a sviluppare dipendenze e disturbi del comportamento; per non parlare delle pesanti conseguenze sulla qualità della relazione tra genitore e figlio. Oltre a ciò, premi e punizioni non sono efficaci nel loro tentativo di manipolare il comportamento del bambino: forse funzionano nell’immediato, ma sul lungo periodo il bambino non agirà come vuole il genitore, e se lo farà sarà soltanto per paura (triste, no?) e appena sarà fuori del controllo del genitore si ribellerà. L’amore condizionato, inoltre, che siano castighi o elogi, focalizza l’attenzione del bambino sulle conseguenze che le sue azioni hanno su se stesso, anziché sugli altri: c’è una grande differenza tra dire «Non rubare il giocattolo al tuo amico altrimenti salti la cena» e «Non rubarglielo altrimenti il tuo amico si sentirà triste». Immaginate un adulto che applica lo stesso criterio egoistico per misurare la bontà delle proprie azioni: vi sembra ancora una bella cosa? Anche i premi, tra cui gli elogi, hanno lo stesso effetto: lodare il bambino distoglie la sua attenzione da ciò che ha fatto, facendogli perdere interesse e motivazione, e portandolo a ripetere l’azione solo per ricevere altre lodi.
Cosa fare, dunque? Possibile che stiamo sbagliando tutto? Kohn invita i genitori a chiedersi cosa ritengano più importante: ottenere l’obbedienza immediata o formare un adulto sereno, equilibrato e coscienzioso? Rinunciare a premiare e punire i bambini non significa «dargliela vinta»: non c’è nessuno scontro da vincere, tra genitore e figlio dev’esserci collaborazione e non competizione. L’educatore dev’essere autorevole, non autoritario. Pensiamoci un attimo: sottomettersi senza esitazione a chi ha più autorità è davvero un valore? È davvero questo che vogliamo insegnare ai nostri figli?
Amare in modo incondizionato significa fissare regole, dire no, vietare certi comportamenti. Ma significa anche mettersi nei panni del bambino, spiegare perché una cosa è giusta o sbagliata, o, ancora meglio, invitarlo a riflettere. I bambini sono capaci di molto di più di quello che generalmente si pensa: non valutiamoli, ma aiutiamoli a valutarsi. Aiutiamoli a capire perché si sono comportati in un certo modo, e che conseguenze immaginano che avranno le loro azioni. Dimostriamo loro che hanno la nostra attenzione e il nostro amore, anche senza i nostri giudizi. La debolezza più grande di questo metodo è l’impossibilità di realizzarlo perfettamente, a meno che non si abbia un autocontrollo smisurato. Ma va bene così: l’adulto non è perfetto, anche questo è un insegnamento per un bambino.