Perché andare a scuola se Steve Jobs non aveva studiato?
«Non mi piace andare a scuola» o «Voglio finire di studiare per non dover più andare in quel posto» sono le tipiche affermazioni dello studente comune. Perché ai ragazzi pesa così tanto andare a scuola? Non dovrebbe essere un momento sereno e disteso in cui ciascuno di loro è entusiasta di andare per apprendere cose nuove?
I problemi sembrano sorgere durante il periodo della scuola superiore di primo grado: ciò che è richiesto ai ragazzi della società moderna è di rimanere costantemente aggiornati e di dimenticare immediatamente informazioni obsolete e inutili, mentre l’ambiente scolastico viene percepito come un’istituzione a sé, distaccata dal tempo e dallo spazio. L’adulto vede il giovane solamente come una nuova fonte d’ispirazione e di risorse per il mercato: l’istruzione da impartire ai giovani consumatori è, appunto, mirata a farli entrare a far parte viva e attiva della classe dei consumatori. Nella mente dei giovani studenti la legittima domanda che si forma è «Perché dovrei imparare cose che poi non mi serviranno?».
La maggior parte degli «eroi moderni» come Steve Jobs ha fatto fortuna senza l’ausilio di un titolo di studio prestigioso, e ciò spinge i giovani a emularli senza più la convinzione di base che una buona istruzione sia un trampolino di lancio per una grande carriera: il concetto di riscatto sociale attraverso l’istruzione è divenuto anacronistico. È necessaria una «rivoluzione educativa» proprio perché è la scuola stessa a essere in decadenza.
È sempre più difficile, inoltre, consentire ai meno abbienti una scalata sociale attraverso il processo educativo: dati statistici confermano la crescita allarmante del costo delle tasse universitarie, che sbarra la strada a chi è privo di mezzi. Inoltre, essere laureati non implica matematicamente l’accesso a un posto di lavoro perlopiù stabile e dignitoso, sulla base delle competenze acquisite nel corso degli studi. Più della metà dei laureati sono disoccupati o con un lavoro poco stabile, part-time. Solamente una parte esigua riesce a emergere dalla massa e sedersi «ai piani alti».
Tuttavia, esiste una possibilità, seppur remota, di rivoluzionare i modi di fare e di pensare delle persone. A tal proposito a farsi portavoce di tali mutamenti sono i giovani: esistono sempre delle strade alternative all’ordinario e, seppure costituiscano una minoranza deviante, ci possono riuscire. Solitamente i ragazzi si ribellano assumendo atteggiamenti di apatia o di aggressività: la risposta a tale questione sta all’interno dell’innovazione che si è venuta a creare, all’interno dell’umiliazione, ossia l’unione e la solidarietà che, pur essendo temporanee, sono volte alla realizzazione di cambiamenti reali e duraturi.
Emanuela, 19
Studentessa, attrice, ama l’arte in tutte le sue forme. Filantropa e amante dei gatti, sogna di fare dell’arte della scrittura la sua professione.