Perché i cittadini non sono andati a votare?
Sono tempi difficili per la politica italiana: a destra e a sinistra il mare è mosso, ognuno ha i suoi crucci e patemi e non c’è dunque da stupirsi se le amministrative appena conclusesi abbiano portato alle urne solo un elettore su due o poco più. Nelle grandi città la campagna elettorale si è svolta con ritmi e toni ben diversi dagli anni passati, in un’atmosfera sottotono la cui scarsa carica emotiva, secondo alcuni, potrebbe essere considerata uno dei principali detrattori per gli elettori a questo turno. Dopo mesi a lamentarsi di come il mestiere del politico abbia oggi molto più in comune con quello dell’istrione che con quello dello stratega, fa perlomeno sorridere che a tenere gli italiani lontano dalle urne sia stata una trama fin troppo noiosa della campagna elettorale. Giudizi di performance a parte, se la corsa di Sala a Milano e di Gualtieri a Roma sono passate in secondo piano anche sulle principali testate giornalistiche non è a causa di un’improvviso arresto nella vita politica del Paese che di questi tempi è stata piuttosto movimentata.
Una dopo l’altra le maggiori forze politiche, dalla Lega e Fratelli d’Italia per arrivare fino alla sinistra, hanno avuto, come si suol dire, le mani in pasta. A destra, prima lo scandalo giudiziario che vede coinvolto Luca Morisi, ex responsabile della comunicazione di Matteo Salvini, e l’inchiesta di Fanpage e PiazzaPulita sulla provenienza dei finanziamenti politici ed elettorali al partito di Giorgia Meloni dopo hanno sicuramente monopolizzato l’attenzione di diretti interessati e non. A voler ben guardare, di colpi di scena su questo fronte dunque ce ne sono stati: a meno che non si voglia fare i Nostradamus della situazione, la notizia che l’inventore della macchina mediatica della Bestia è indagato per cessione e detenzione di sostanze stupefacenti e il disperato tentativo della leader di Fratelli d’Italia di far passare per complotto le accuse al suo partito dovrebbero soddisfare la sete di sensazionalismi di chiunque almeno per un po’.
A sinistra niente scandali e nessun partito nell’occhio del ciclone, ma a tenere occupati gli animi di politici ed elettori è, o almeno così dovrebbe essere sulla carta, la condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere per Mimmo Lucano. È questo forse il colpo di scena che potrebbe influenzare direttamente l’andamento delle tornate elettorali di questi giorni dal momento che la sentenza del Tribunale di Locri è arrivata a pochi giorni dalle elezioni regionali calabresi che vedevano l’ex sindaco di Riace capolista con «Un’altra Calabria è possibile» le ora considerato candidato «impresentabile» secondo il codice di autoregolamentazione dei partiti e la legge Severino. Sul processo a Mimmo Lucano il dibattito va avanti da anni ed è sempre stato caratterizzato da uno scontro di fondo che ha coinvolto l’opinione pubblica fin dall’inizio: il lato umano della storia da una parte e quello dei tecnicismi legali da cui è impossibile prescindere dall’altra che ha coinvolto l’opinione pubblica fin dall’inizio.
L’Italia che ha esercitato il diritto di voto a ottobre 2021 è evidentemente ben diversa da quella che alle urne ci è andata cinque anni fa e lo è sotto molti punti di vista. Tuttavia, a giudicare da quanti colpi di scena ci hanno regalato gli ultimi giorni, forse è non solo presto per parlare di anestesia della politica, ma anche doveroso cercare la causa della ridotta affluenza da qualche altra parte.
Studentessa universitaria di Sociologia e aspirante giornalista.
Mi cimento in articoli di attualità e cultura con un occhio di riguardo per le questioni sociali.