Perché leggere «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij
Perché dovreste leggere «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij? Tanto per cominciare, per non sostituire più il protagonista dell’opera con personalità note che si vogliono beffare con un meme: stareste attribuendo loro una bontà d’animo sconosciuta. Ma, andando oltre, l’articolo proverà a incuriosirvi pur non addentrandosi in un’analisi stile «1984», considerata la portata di un classico troppo complesso per ridurlo a questioni oggettive e schematiche.
Perché ho letto «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij
«L’idiota» era da tempo nella mia libreria, ma svariati adocchiamenti non erano bastati a farmi immergere in una lettura che presumevo impegnativa. Non è nelle mie corde pianificare la lettura di un classico: ritengo che, a tempo debito, si renda necessaria da sé. Effettivamente, la spinta iniziale è scaturita dall’operazione di cancel culture russofobica in salsa occidentale, comprendente gli aspetti più disparati: dalla ridicola squalifica della quercia russa dal concorso «Albero europeo dell’anno», fino a complessità di rango superiore come il rinvio (e poi il ripristino sull’onda delle polemiche) di un corso universitario su Fëdor Dostoevskij. Come se l’essere stato un celebre autore russo del secolo XIX fosse sinonimo di responsabilità nell’attuale conflitto.
«Continuavo a sognare una città grande come Napoli, in cui ci fossero palazzi, rumore, frastuono, vita…Sì, erano tante le cose che sognavo!». Cit. Principe Lev Nikolaevič Myškin.
Parte Prima, Capitolo V
L’origine dell’opera
Fëdor Dostoevskij scrisse «L’idiota» a cavallo tra il 1867 e il 1869, durante un esilio trascorso tra la Svizzera, prima a Ginevra poi a Vervey, e l’Italia, dove lo completerà tra Milano e Firenze. In quest’ottica, non è casuale che il protagonista, il Principe Lev Nikolaevič Myškin, faccia ritorno in Russia dopo un periodo trascorso proprio in Svizzera. Una lettera di Dostoevskij fotografa sia l’intenzione dell’autore che l’interiorità del protagonista:
«Da tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. Quest’idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d’oggi soprattutto».
Lettera di Fëdor Dostoevskij ad Apollon Nikolaevič Majkov, 1867
Struttura e geografia del romanzo
«L’idiota» di Fëdor Dostoevskij si caratterizza per una struttura in quattro parti, ognuna suddivisa in una molteplicità di capitoli. La prima parte, che si svolge in un’unica giornata, è fondamentale per porre le basi della trama.
Le vicende di Dostoevskij influenzano la sua opera, anche geograficamente. Un luogo chiave, in un percorso circolare che avvolge il romanzo, è la Svizzera, in relazione sia al luogo di cura del Principe Myškin che al luogo in cui venne scritta la prima parte dell’opera. Spostandosi in Russia, consideriamo tre luoghi fondamentali: San Pietroburgo, dove il protagonista giunge di ritorno dalla Svizzera; Mosca, richiamata nel romanzo in maniera indiretta; e Pavlovsk, luogo di campagna nelle vicinanze di San Pietroburgo, dove la classe agiata si reca per trascorrere l’estate trasferendone le vicende.
I personaggi principali de «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij
Ne «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij consideriamo quattro personaggi principali, disponendoli idealmente a rombo e ponendo, nel vertice superiore, il Principe Lev Nikolaevič Myškin; centralmente, le due figure femminili di spicco, Nastàs’ja Filippovna Baraškova e Aglaja Ivanovna Epancin; e, nel vertice inferiore, Parfën Rogòžin.
Il protagonista: Lev Nikolaevič Myškin
È il protagonista del romanzo. Fa ritorno a San Pietroburgo per ereditare il patrimonio della zia defunta, dopo aver trascorso un lungo periodo in Svizzera per curare una forma di epilessia. Il suo personaggio raffigura «un uomo assolutamente buono», che fa del perdono e della compassione i suoi tratti distintivi, sulle orme di Gesù Cristo.
Principe Myškin: «Quando sono con te tu mi credi, ma quando non ci sono, immediatamente smetti di credermi e torni a diffidare. Assomigli a tuo padre!».
Parfën Rogòžin: «Io credo alla tua voce, quando sono con te. Capisco bene, infatti, che fra noi due non è possibile un paragone…».
Parte Seconda, Capitolo III
Il Principe è impacciato, puro, autentico e riesce a cogliere con enorme facilità i sentimenti di chi si confronta con lui. Professa la virtù dell’amore e del perdono. Nel suo essere non esiste il rancore. Tutto questo contribuisce a rendere le sue azioni, agli occhi dei personaggi che gli ruotano attorno, incomprensibili perché inconciliabili con il formalismo dell’alta società. Da qui il titolo dell’opera, «L’idiota».
Gli altri personaggi principali
Nastàs’ja Filippovna Baraškova: è una delle due figure femminili chiave del romanzo. In giovane età subisce una violenza dall’aristocratico Tockij e questa sciagura condiziona i suoi tratti caratteriali instabili, autodistruttivi e desiderosi di vendetta verso chi tenta di mercanteggiarla. Dotata di una bellezza che cattura, gode con il Principe Myškin di affinità intuitive innegabili. Quest’ultimo, cogliendo nei suoi occhi l’enorme tristezza, ne prova pietà.
Agaja Ivanovna Epancina: è la terza delle tre figlie del Generale Epancin e di Lizaveta Prokof’evna. È un condensato caratteriale imprevedibile, che unisce vizio, ironia, imprevedibilità, profondità e, a ben vedere, un tentativo di anticonformismo ribelle al suo inquadramento sociale. Il suo rapporto con il Principe Myškin è un viaggio sulle montagne russe, come del resto svariati rapporti umani del romanzo.
Parfën Rogòžin: è il parziale antagonista del Principe Myškin, per cui prova sentimenti ondivaghi, che vanno dall’amicizia all’odio smisurato. Figlio di un defunto mercante dal carattere rude, rientra a San Pietroburgo per reclamarne l’eredità. Fa conoscenza con il Principe Myškin nel treno diretto a San Pietroburgo e, nel loro dialogo, emerge il personaggio di Nastàs’ja Filippovna, fonte di un sentimento tanto malato da sfociare in possesso.
Fëdor Dostoevskij ne «L’idiota»
Numerose esperienze di vita di Dostoevskij confluiscono nella trama del romanzo e nelle riflessioni dei suoi personaggi. Sono tra queste: la condanna a morte, i lavori forzati in Siberia, la malattia e il denaro.
La condanna a morte e la grazia
In occasione della visita iniziale del protagonista agli Epancin, il Principe Myškin racconta l’esperienza sul patibolo descrittagli da un condannato a morte per fucilazione, successivamente graziato. Il trasferimento al suo uditorio e ai lettori delle emozioni del condannato è totale:
«Gli restavano da vivere cinque minuti, non di più. Egli diceva che quei cinque minuti gli erano parsi interminabili, una ricchezza enorme. Gli pareva che in quei cinque minuti avrebbe vissuto tante vite, che per il momento non bisognava pensare all’ultimo istante […]. In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante: “Se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità! E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!”».
Parte Prima, Capitolo V
L’impatto emotivo proviene dalla sua esperienza: Dostoevskij fu condannato alla fucilazione per reati politici (consistenti nell’aver partecipato alle riunioni di un circolo socialista), salvo poi esser graziato sul patibolo e mandato ai lavori forzati in Siberia.
Disquisizione sulla pena di morte
Già nell’apertura del romanzo ritroviamo delle precise disquisizioni sulla pena di morte, argomentate con opinione fermamente contraria dal Principe Myškin durante il viaggio in treno in direzione San Pietroburgo:
«Uccidere per un’uccisione è una punizione incomparabilmente più grande dello stesso delitto. L’omicidio su sentenza è incomparabilmente più orribile dell’omicidio del delinquente. […] Qui esiste una sentenza, e nel fatto che con certezza non sfuggirai sta tutto l’orribile tormento, e un tormento più forte al mondo non esiste. […] Chi ha detto che la natura umana è capace di sopportare questo senza impazzire?».
Parte Prima, Capitolo II
Il tema delle malattie
Nel romanzo la malattia è un tema centrale. La si ritrova in più personaggi: nel Principe Myškin, epilettico, proprio come Dostoevskij, che ne fu affetto probabilmente già dalla morte del padre; nel racconto del suo incontro con Marie e nel personaggio di Ippolit, entrambi tisici, come la madre dell’autore. Alcune pagine del romanzo sono dedicate alla loro descrizione:
«Anche se la mente funzionava, era come se fosse interrotta la sequenza logica dei pensieri. Io non potevo collegare fra loro due o tre idee di seguito. Così almeno mi pare. Quando poi gli attacchi si calmavano, tornavo a essere forte e sano come ora».
Parte Prima, Capitolo V
La critica al liberalismo ne «L’idiota» di Fëdor Dostoevskij
Un aspetto politico che emerge emblematico nel romanzo di Dostoevskij, a mio modestissimo parere, è la critica al liberalismo anti nazionale, specie nella sua accezione russa. Nei dialoghi del romanzo si nota un dito puntato contro i liberali russi, colpevoli di essere «liberali non russi» e di rinnegare la dimensione nazionale. Ciò, per molti aspetti, fotografa la deriva italiana degli ultimi decenni, ma non è questa la sede per approfondire la questione. Limitiamoci a una citazione da un discorso del personaggio Evgenij Pavlovié:
«Non posso fare a meno di esprimere i miei ringraziamenti per avermi lasciato parlare e ascoltato con attenzione; perché, per mia personale esperienza, i nostri liberali non riescono a concepire che qualcuno abbia convinzioni proprie, e rispondono subito con insulti, se non peggio. […] Affermavo or ora, prima del vostro arrivo, Principe […], che a tutt’oggi da noi i liberali provengono solo da due strati: gli ex-proprietari (ora aboliti), e i seminaristi. E poiché entrambe queste classi si sono trasformate in vere e proprie caste completamente avulse dalla nazione, di generazione in generazione, così tutto ciò che hanno fatto e continuano a fare non è affatto nazionale. […] Tutti quegli scatenati sedicenti socialisti, tanto i nostrani che gli stranieri, non sono altro che i liberali ex-proprietari […]. Il mio liberale arriva a un punto tale da rinnegare la stessa Russia, e dunque a odiare e colpire la sua stessa madre. Ogni disgrazia che colpisce la sua terra suscita il suo riso se non addirittura il suo entusiasmo. Odia i costumi russi, la storia russa».
Parte Terza, Capitolo I
Lo sceneggiato RAI del 1959
Dopo aver letto il romanzo, considerate l’opportunità di gustarvi il bellissimo sceneggiato RAI, in 6 puntate, andato in onda nel 1959. A contraddistinguerlo, delle monumentali interpretazioni che riappacificano con la funzione di un servizio pubblico pedagogico nel solco del modello educativo delle origini.
«La bellezza salverà il mondo».
«L’idiota», Fëdor Dostoevskij, 1869
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.