Istat: giù la disoccupazione a giugno, picco donne occupate
Come di consueto l’Istat ha parlato e lo ha fatto consegnandoci, per fortuna, una buona notizia. A giugno in Italia il tasso di disoccupazione si attesta all’11,1%, registrando dunque un calo di 0,2 punti rispetto a maggio. Più che di buona notizia si può parlare di magra consolazione, tuttavia, considerando quanto la disoccupazione sia per tutti noi un autentico spauracchio, possiamo festeggiare.
I disoccupati, che a maggio erano schizzati, sono scesi di 57mila unità, «tornando su un livello prossimo a quello di aprile». Anche la (forse più importante) disoccupazione giovanile scende, e lo fa del -1,1%, attestandosi al 35,4%. C’è da dire che i dati sono «sporcati» dall’effetto del forte declino in maggio nel numero di occupati, che hanno poi ripreso a salire a giugno appunto: dopo la perdita di 53mila registrata il mese precedente, nel mese scorso sono risaliti di 23mila unità. Si tratta di una crescita mensile dello 0,1 per cento, che porta il tasso di occupazione al 57,8%, in ogni caso un risultato di circa dieci punti inferiore a quanto avviene in Germania.
E qui viene la parte interessante. Secondo il rapporto dell’istituto, il «driver» della crescita sarebbe la componente femminile: il tasso di occupazione delle donne tocca a giugno il 48,8%, registrando il valore più alto dall’avvio delle serie storiche, ovvero almeno dal 1977. Per gli uomini invece si registra un lieve calo che interessa soprattutto le fasce tra i 15-24 anni e i 35-49 anni. A livello di qualità del lavoro, aumentano i dipendenti a termine tanto da raggiungere il picco storico (dal 1992, quando esistono queste serie storiche) a 2,69 milioni, mentre risultato stabili i dipendenti a tempo indeterminato e cala ancora la pattuglia degli autonomi. Aumentano però gli inattivi, ossia coloro che non cercano lavoro né ce l’hanno: +12mila persone solo a giugno.
Il tasso di inattività è pari al 34,9%, invariato rispetto ad maggio. Sono i dati dell’Eurozona a dimostrare ancora una volta il nostro ritardo rispetto ai «cugini»: la disoccupazione nell’area euro si attesta al 9,1% (7,7% in Ue a 28 paesi), un gap fra i 2 e i 4 punti percentuali. C’è da dire che finché il nostro paese rimarrà statico sul tema delle riforme, rendendo il mercato del lavoro più flessibile, alleggerendo il cuneo fiscale e rimpiazzando un sistema pensionistico vecchio e macchinoso (oltre che costoso), le nostre «gioie» continueranno a essere limitate a uno zero virgola.