Plagio nella tesi? La Madia minimizza e minaccia querela
Siamo passati dalla querela in toto, all’attacco legale con una piccola ammissione di colpa: «Le presunte imprecisioni sarebbero rinvenute in una minima parte del testo, in particolare in quella più ricognitiva della letteratura scientifica, altro che interi blocchi». Così la ministra alla P.A. Marianna Madia ha risposto all’inchiesta del Fatto Quotidiano che ha mostrato come la sua tesi di dottorato presenti ampi pezzi ripresi da lavori altrui senza citarli esplicitamente.
Ora, delle due l’una: 1. la Madia ha effettivamente copiato parte dell’elaborato, oppure 2. il software utilizzato dal Fatto non è affidabile. Il punto è che effettivamente molti passaggi della tesi della ministra, dalla pubblicazione presente in rete, coincidono o quasi con passi di altre opere, quindi – al di là del programma preposto a cercare i plagi – c’è anche il fattore empirico.
Tant’è che l’esperimento cruciale descritto nella tesi sarebbe stato condotto «nei laboratori di Center all’Università di Tilburg», Olanda. Ma negli archivi dell’ateneo non sarebbe presente nulla riconducibile alla ministra. L’esperimento assomiglia a quello condotto da Altmann, Falk e Huffman nel 2007 a Bonn, ma questi studiosi vengono citati solo dopo la descrizione dell’esperimento, che in questo modo viene implicitamente attribuito alla Madia, la quale si difende: secondo il Fatto «sarei stata scorretta per aver omesso di aprire le virgolette su qualche frase, dopo aver citato l’autore poche righe sopra o poche righe sotto» e poi «Non ho scelto di fare l’accademica e mi interessa soprattutto che non siano messi in discussione la mia serietà e il mio rigore».
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