Riforma: perché NO? Leggi popolari e referendum
Perché non va bene?
Come ben sappiamo oggi un referendum abrogativo può essere richiesto da 500mila elettori o da 5 consigli regionali. Quest’ultimo caso si è verificato una sola volta, con il referendum «sulle trivelle» della primavera scorsa.
Per quanto riguarda le leggi di iniziativa popolare, un progetto di legge deve avere 50.000 firme per essere consegnata al presidente della Camera o del Senato.
Con la riforma questa disciplina cambia e rende l’esercizio della partecipazione popolare molto più arduo da attuare:
- Referendum abrogativo. Rimangono le 500.000 firme e il quorum del 50%+1 dei voti; ma sarà presente una sorta di «gerarchia dei referendum»: chi riuscirà a raccogliere 800.000 firme potrà godere di un’agevolazione, costituita da un quorum più basso da raggiungere. Questo avvantaggia i referendum organizzati dai partiti o da entità molto presenti sul territorio, a discapito di quelli promossi dal basso. Nascono anche i referendum propositivi e quelli di indirizzo, ma anche qui è presente un «buco»: mancano le leggi costituzionali e ordinarie necessarie a stabilirne modalità ed effetti.
- Leggi di iniziativa popolare. Qui sta l’inghippo: «nascosto» dalla discussione e la deliberazione «garantite nei tempi, nei limiti e nelle forme stabiliti dai regolamenti parlamentari» (frase che di concreto non dice nulla), si cela il cambiamento, ossia il passaggio da 50.000 a 150.000 firme necessarie per proporre una legge di iniziativa popolare. Le regole a riguardo saranno scritte dalla stessa Camera, e anche qui c’è uno dei tanti «buchi» di cui abbiamo già detto.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia