Ragazzo morto a Milano, la preside Rubini dovrebbe vergognarsi

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Credo che in certi momenti la cosa migliore sia tacere (e vale anche per noi) ma questo non ci deve impedire di dire la nostra anche in situazioni tragiche. Stiamo parlando della morte di Domenico Maurantonio, il ragazzo padovano caduto dalla finestra a Milano durante una gita scolastica in circostanze ancora tutte da chiarire, e stiamo parlando anche di Maria Grazia Rubini, preside del Liceo Scientifico «Nievo» di Padova, dove studiava Domenico. La dirigente ha rilasciato una vergognosa intervista all’Huffington Post in cui, a priori e fregandosene delle indagini che stanno portando in direzione opposta, solleva i compagni del ragazzo da ogni responsabilità. Per chi non lo sapesse, Domenico sabato notte è volato giù da una finestra del quinto piano dove alloggiava con la sua classe in gita all’Expo. Sul suo braccio sono stati trovati dei lividi incompatibili con la caduta e quindi le forze dell’ordine hanno subito iniziato a torchiare i suoi compagni, per ora senza ricavarne nulla.
Secondo la preside, i compagni del ragazzo hanno detto la verità perché «sono ragazzi intelligenti, figli della migliore borghesia di Padova», ma – perdonateci la domanda – a raccontare le balle sono solo gli scemi o i figli dei poveretti? Se fosse così allora potremmo risolvere gran parte dei misteri di questo paese: sei figlio di un avvocato? Mi fido di te; tua madre lavora in un
call center? Sono sicuro che non me la stai dicendo giusta.
Ma le rivelazioni della Rubini non sono finite qua: «C’è un elemento che mi pare non venga preso abbastanza in considerazione. Due compagne di classe di Domenico hanno immediatamente riferito che quella notte sul corridoio del piano dell’hotel si aggirava un uomo slavo che le aveva aiutate a entrare nella stanza con la tessera. Un ospite che usciva sulla scala d’emergenza per fumare, una persona sconosciuta» e continua auspicando che gli inquirenti stiano indagando anche in questa direzione perché, nel frattempo, i compagni del ragazzo morto, «sono stati messi alla berlina e dipinti come dei mostri». Dovrebbero nominare Maria Grazia Rubini investigatore
ad honorem: grazie alle sue intuizioni abbiamo risolto il mistero. Escludendo il caso di un pazzo, è pensabile che uno slavo si aggirasse per l’albergo aiutando le ragazze e buttando giù dalla finestra Domenico? A parte il fatto che uno straniero a cui dare la colpa c’è sempre – a Cogne uno slavo, ad Erba un tunisino, nel caso Gambirasio un marocchino –, questa versione fa davvero acqua da tutte le parti.
La preside ha poi aggiunto che «Se sarà questa la verità (che i ragazzi sanno qualcosa,
ndr) allora andrò in pensione perché questo mestiere non mi apparterrà più»; noi non sappiamo cosa sia successo a Domenico e ci uniamo ancora una volta al dolore della sua famiglia, però di una cosa siamo certi: che ai giovani bisognerebbe insegnare ad assumersi le proprie responsabilità, anche quando sono pesanti, non ad avere sempre un adulto pronto a proteggerli perché sono «intelligenti» e «figli della migliore borghesia di Padova». Forse alla pensione la Rubini dovrebbe già iniziare a pensare: un’educatrice deve vergognarsi di cadere nel classismo anche quando si sta parlando una tragedia.

UPDATE: Preciso che non so chi sia il responsabile della morte di Domenico (e se ci sia qualche responsabile). Il mio articolo contesta il voler assolvere dei ragazzi a prescindere. Poi non dico che siano loro i colpevoli. (t.b.)