A Predappio nasce il museo del fascismo
Ben 4 anni fa, in visita scolastica a Berlino, non ho potuto fare a meno di notare che la città è un museo, sul periodo nazista, a cielo aperto, costellato di innumerevoli «centri di documentazione», come solo l’Italia riesce a chiamarli.
Ora, quanto meno, il nostro paese riesce a dargli un nome e a quanto pare a breve anche una forma: sta per nascere, infatti, un museo sul fascismo a Predappio (Forlì-Cesena), a circa 500 metri dalla casa di Benito Mussolini. Se non bastasse questo a sollevare polemiche si aggiunge il dato dei 2 milioni di fondi (quasi il 40% della spesa complessiva) provenienti dallo stato per finanziare la realizzazione del progetto. Il sindaco del comune romagnolo, Giorgio Frassineti (Pd), esulta per la concretizzazione di un sogno, sostenuto dallo storico e giornalista Paolo Mieli, che appoggia l’iniziativa con caute raccomandazioni sul personale addetto alla gestione del museo. Secondo il giornalista la struttura dovrebbe rendere con criterio scientifico e storico l’interesse nei confronti di una parte della storia di Italia che risulta già essere oggetto di suggestione da parte di numerosi nostalgici. Predappio, infatti, ma soprattutto la cripta dov’è sepolto il corpo del Duce, è già meta di pellegrinaggi di malinconici in camicia nera che lasciano bigliettini sulla tomba, auspicando il ritorno del loro idolo ed esibendosi nel saluto fascista. Per fare in modo che il progetto, da documentaristico quale vorrebbe essere, non sfoci nella celebrazione, l’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) collabora per garantire il rispetto del massimo rigore storico-scientifico.
Fin qui tutto bellissimo. I sospetti che, però, il fenomeno di idolatria possa moltiplicarsi a dismisura, grazie alla fascinazione che potrebbe essere indotta dalla visione di documenti e reperti, non credo siano da sottovalutare. Se coloro che osannano il Duce e il Ventennio sono da una parte i diretti o quasi testimoni (bisnonni o nonni), dall’altra parte molti sono i giovani che abbracciano la ideologia fascista in seguito ai soli studi. Le variabili per prevenire questi episodi sono troppe e troppo labili, ma se guardiamo all’esempio estero non ci dovrebbe essere nulla di cui preoccuparsi. È il caso di dire: chi vivrà, vedrà.
Debora Lupini
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