Premesse alla «Rivoluzione scientifica»: da Cusano a Pomponazzi
Il termine «Rinascimento» nacque nella seconda metà del 1800, mettendo a confronto il tramonto dell’epoca medioevale con il rifiorire della politica, delle arti e delle scienze verificatosi tra la seconda metà del XV secolo e la prima metà del XVI. Fu un grande periodo, specialmente per la penisola italica, che agì come polo d’attrazione per le migliori menti dell’epoca, vivendo un vero picco storico di sviluppo.
La sovranità, applicata a delle realtà certamente meno imponenti rispetto alle grandi monarchie già presenti in Europa, portò i vari sovrani distribuiti nella penisola italica a dover trovare un’alternativa alla classica competizione su scala bellica. La soluzione fu un’accesa competizione interna concentrata sulla contesa delle migliori menti culturali dell’epoca. Il patrimonio culturale prodotto in quel periodo è ancora oggi il perno centrale dell’immagine italiana nel mondo.
Lo sviluppo della cosiddetta «Rivoluzione scientifica» passò, in molti casi, da italiani o da personalità transitate attraverso le Università italiane: Copernico, Galilei, Bruno, Vesalio, e si potrebbe proseguire a lungo. Tuttavia in questo caso si vuol fare un ulteriore passo indietro nel tempo, in quanto non vi è ribaltamento del pensiero dall’oggi al domani: i grandi mutamenti della Storia sono sempre figli di un lento percorso di costruzione delle basi. Il mutamento nacque da grandi pensatori che osarono minare il precedente pensiero dominante: pensiamo al platonismo rinascimentale di Niccolò Cusano o all’aristotelismo rinascimentale di Pietro Pomponazzi.
L’opera fondamentale di Cusano fu «La dotta ignoranza». Lungo tutto il suo percorso filosofico, Cusano spiegò l’assenza di proporzionalità tra Dio e l’uomo. Il Dio di Cusano è irraggiungibile per l’uomo. Partendo da una constatazione chiave – l’ammissione della propria ignoranza – l’uomo può cominciare a porsi l’obiettivo di limitare la distanza che lo separa dalla conoscenza divina, pur sapendo che mai sarà in grado di colmarla: ciò che è noto diventa la base di costruzione per aggiungere nuove conoscenze, apprendere ciò che ora è ignoto. Dio è ciò in cui gli opposti coincidono (Coincidentia oppositorum), dunque è l’infinito: l’infinito dove non esiste un centro e dove ogni elemento ha il medesimo valore.
Dalla presa di coscienza dell’infinito, si può cominciare a contrastare l’idea di un cosmo limitato, dove al di là della «sfera delle stelle fisse» vi sarebbe il nulla. Il cosmo di Giordano Bruno, ricollegandosi a Cusano, è già uno spazio infinito composto da un’infinità di mondi: Bruno si spinse là dove neppure Copernico arrivò, e lo fece propagandando il Copernicanesimo partendo da basi filosofiche.
Spostando il ragionamento su Pomponazzi, la sua opera principale, sequestrata e bruciata dall‘Inquisizione fu «Trattato sull’immortalità dell’anima». Per Pomponazzi la religione non è da intendere come materia immutabile, ma dev’essere sottoposta a studi approfonditi storico-naturalistici. Nelle sue opere, inoltre, fece un passo avanti molto importante: sostenne che i fenomeni inspiegabili (magia, miracoli, spiriti, ecc) fossero da registrare come avvenimenti a cui l’uomo, in uno specifico momento storico, non abbia ancora fornito una spiegazione razionale fondata sulle leggi della natura. La loro spiegazione arriverà nel futuro, in quanto tutti i fenomeni sono riconducibili a leggi naturali.
Pensiamo queste basi poste da Pomponazzi ricollegandole a ciò che sostenne Galilei in difesa del Copernicanesimo: Galilei, nella «Lettera al Castelli», risalente al 1613, spiegò che le incongruenze presenti tra alcuni passi biblici (aderenti all’immobilità della Terra) e la teoria copernicana fossero dovuti a un’interpretazione letterale dei testi, che non consideravano una comunicazione cucita sulle conoscenze immediate dei credenti; ma, in continuità con le basi poste da Pomponazzi, sostenne che di fronte a dubbi d’interpretazione, le leggi della Natura (da Dio stesso impostate), debbano avere la precedenza rispetto all’interpretazione letterale delle Sacre Scritture.
Dati questi elementi, non è esagerato affermare che Cusano e Pomponazzi siano stati due pensatori che aprirono strade inesplorate.
Simone, ventottenne sardo, ha vagato in giovanissima età per il Piemonte, per poi far ritorno nell’isola che lo richiamava. Ama scrivere su tematiche politiche ed economiche. Legge per limitare la sua ignoranza.