Profughi e rifugiati: il pensiero della massa
Protagonisti di una nuova generazione, generazione che vive combattendo ogni giorno guerre non armate, ma probabilmente cariche della stessa violenza. Siamo la generazione che si scontra sui social e che generalmente ha poco coraggio di dirsi le cose in faccia. Generazione che si schiera da una o dall’altra parte senza, forse, informarsi completamente su quello che sta succedendo attorno a noi. Ormai da tempo uno degli argomenti preferiti dalla gente, fomentato dai partiti e dai loro fedeli proseliti non-pensanti è quello riguardante profughi, rifugiati e migranti.
Un enorme numero di storie individuali si è trasformato in un fenomeno di massa, dove non si distinguono più persone e soggetti, ma si tende a parlare solo di «migrazioni di massa», «invasione», «orde di persone che vivono sulle nostre spalle» e chi più ne ha più ne metta. Ognuno è chiaramente libero di pensare ciò che vuole, ma le idee dell’italiano medio saranno sempre e comunque influenzate da ciò che dicono i media. Chi vuole andare a fondo alle questioni e capire meglio ciò che sta realmente succedendo, però, esiste ancora. Con un gruppo di colleghi universitari (studiamo Relazioni Internazionali e Diritti Umani) ho realizzato un progetto riguardante le politiche di accoglienza per profughi e rifugiati sul nostro territorio e a questo proposito ci siamo messi in gioco e abbiamo deciso di capire esattamente cosa pensano le persone a riguardo. Abbiamo dunque sottoposto a un campione di 500 persone distribuite in quattro province venete (Venezia, Vicenza, Padova e Verona) un questionario sull’argomento. I risultati sono stati sorprendenti.
Ad avvalorare la tesi a proposito dell’influenza dei media sono i risultati che emergono nelle risposte alla domanda «Rispetto alle informazioni che ti forniscono i media, senti il bisogno di informarti di più?»: la maggioranza di risposte si colloca nella casella del NO, sia per i maschi che per le femmine. Quello che viene allora da pensare è: «Siamo sicuri che quello che ci forniscono televisioni, radio e giornali locali sia abbastanza?». Noi siamo andati a fondo alla questione e la risposta è ancora no, non basta. Sono troppe le dinamiche di cui non siamo a conoscenza, si parla di numeri elevati e percentuali da capogiro quando nemmeno sappiamo che il nostro paese ospita un numero limitato di profughi e immigrati rispetto a quello che sostengono paesi limitrofi a quelli devastati dalla guerra, da dove la gente scappa.
Altra domanda «bollente» è quella che cerca di indagare sulla sensibilità della società civile: dividendo in classi di età gli intervistati abbiamo chiesto loro se ospiterebbero un profugo e i risultati cambiano in base alla provincia di provenienza. A Venezia giovani e adulti hanno messo una croce per la maggioranza sulla casella del NO, commentando spesso che non si fiderebbero di una persona sconosciuta e criminale «per natura». Questo risultato ci lascia delusi e interdetti. Dopo esserci immersi personalmente nell’ambiente che riguarda da vicino le persone che richiedono asilo e protezione nel nostro paese ci siamo resi conto che la situazione non è tanto facile e trasparente; abbiamo capito che spesso è la lentezza della burocrazia a rendere la situazione pesante, la stessa burocrazia che obbliga i richiedenti a una vita precaria a causa delle interminabili attese.
Sono i risultati della provincia di Padova, invece, che riaccendono la speranza che l’umanità esista ancora; alla stessa domanda, infatti, la maggioranza ha affermato che darebbe ospitalità a un profugo.
Ci si illuminano gli occhi perché è di questo che si tratta, di umanità e informazione, di parole consapevoli e di pensiero oggettivo.
In tanti hanno affermato anche di sapere la differenza tra un profugo e un rifugiato, ma siamo sicuri che tutti la conosciamo? Oppure usiamo parole come sinonimi quando invece indicano situazioni completamente diverse?
Questo è un invito a riflettere e ad andare a fondo, un appello per liberarci dalle catene della maggioranza, lasciando perdere le guerre ideologiche che non portano a niente, ma rendendoci piuttosto più sensibili e umani, dato che un giorno ad avere bisogno di aiuto potrebbe essere chiunque di noi.
Anna Toniolo
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