Quanto poco conosciamo l’Islam


imusulmani conoscono perfettamente l’Occidente, mentre l’Occidente conosce pochissimo o male l’Islam», scrive Mario Scialoja, ex direttore per l’Italia della Lega Musulmana Mondiale. Se pure questa affermazione non mi trova completamente e del tutto d’accordo, perché di una generalizzazione si tratta e sono proprio le generalizzazioni che vanno abbattute, c’è un particolare concetto in questa citazione che merita di essere sottolineato e che spesso si tende a dimenticare, creandosi idee e opinioni, prendendo posizioni, anche forti e ostinate, senza basarsi su di esso: la conoscenza. Si tende spesso a dare giudizi e opinioni avventate su persone o situazioni senza prima aver conosciuto a fondo la loro storia o i fatti precedenti, e va bene, è un procedimento umano.

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Nessuno ne è immune, sono la prima ad ammettere che è difficile superare le barriere che la mente ci pone. Ed è difficile perché siamo abituati così da sempre, il nostro cervello acquisisce degli automatismi, cambiare è difficile. Come è complicato «fare fatica» e informarsi prima di conformarsi all’opinione del lato della folla che ci sembra più ragionevole. Perché è questo il problema: i fatti e le persone non sono sempre catalogabili in «ragionevoli» e non, la realtà è molto più variegata, di sfaccettature ce ne sono tante e niente si riduce ad essere o bianco o nero.
Per questo motivo potrei scrivere tante cose sull’Islam, sui musulmani, potrei raccontare di mille fatti accaduti nel nostro paese e anche a Padova, potrei passare molto tempo a fare confronti tra posizioni politiche opposte, ma nulla di tutto questo sarebbe utile senza che, prima di giudicare, le persone si interessassero a conoscere e ad andare a fondo delle cose. Perché troppo spesso si leggono in giro accuse infondate e opinioni vuote. Nessuna opinione è sbagliata se i fatti su cui si basa sono veritieri. Ognuno può pensarla come vuole, se prima conosce a fondo.
Potrei parlare di come l’Islam nasca come religione pacifica e di come le interpretazioni agghiaccianti che alcuni estremisti danno di essa, giustificando le loro azioni come volere di un Dio che professa tutt’altro, stiano solo contribuendo a cercare colpevoli tra categorie di persone.
Potrei parlare di come i media e le false informazioni stiano contribuendo a fomentare l’odio, giocando sulle paure delle persone, giocando sull’ignoranza, giocando sul fatto che quando c’è da trovare un colpevole è così facile inglobare in questo concetto tutti coloro che sono accomunati da qualcosa.
Potrei ridere insieme a voi raccontandovi dei post che sui vari social si leggevano in seguito agli attentati a Parigi di quest’anno, alle cretinate a cui la gente dava ascolto, alle vignette piene d’odio che comparivano su internet, alle frasi raccapriccianti che la gente distribuiva da dietro uno schermo. Le stesse persone che alla vista di bambini morti sulla spiaggia perché tentavano di venire in Europa se ne uscivano con «così imparano» oppure «la prossima volta state a casa vostra». Per questo tipo di persone esistono due categorie di esseri umani al mondo, «noi» e «gli altri». E nella definizione di «altri» sono compresi tutti quelli che con il «noi» non condividono niente. Sono queste le persone per cui esiste solo il bianco o solo il nero, e facendo parte i musulmani e anche i terroristi della categoria «gli altri», è chiaro che le due cose vengono a coincidere. Le stesse persone che di fronte agli altri attacchi terroristici rimanevano cieche, perché l’Occidente conosce l’Occidente e forse troppo poco del resto del mondo.
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Potrei raccontare di quel corso «anti terrorismo» nato in una scuola in India, con lo scopo di contrastare l’Isis e la sua propaganda. Gli studenti durante il corso si occupano di confrontare i passi del Corano con la propaganda che il gruppo terroristico diffonde, con lo scopo di dimostrare infondate le loro tesi. Ma anche questo contribuirebbe poco a cancellare la frase «i musulmani sono terroristi».
Potrei spiegare quanto stimolanti sono i discorsi che sento fare dai miei compagni quando parliamo di come sia facile strumentalizzare l’Islam anche per la propaganda politica nel nostro paese, di come certi «schemi mentali» non funzionino quando il criminale è cristiano o ateo, di come l’informazione stessa sia un’arma se utilizzata in modo scorretto, di come i canali che dovrebbero garantire la neutralità siano influenzati da interessi di parte. Potrei raccontare di quando parliamo di come l’integrazione sia il vero problema del nostro continente, non soltanto l’immigrazione, perché è dal non sentirsi parte integrante di una Comunità che nasce in molti il bisogno di andare in altri paesi, iniziare a partecipare a movimenti che reclutano chiunque sia arrabbiato col sistema e abbia abbastanza pazzia per condividere certe idee. Ma anche se parlassi di queste cose, di fatti non di opinioni, son sicura che non riuscirei a cambiare l’inclinazione di molti a lasciarsi andare a banali e generalizzate affermazioni d’odio.
Potrei parlare di quanta impressione mi fa avere nel mio stesso corso persone che seguono lezioni sui diritti umani, che si vantano di coltivare amicizie internazionali con compagni di diverse culture e religioni e alla prima occasione sui social scrivono che i musulmani sono tutti da mandare a casa. A volte mi chiedo se si accorgono di peccare di incoerenza, oppure no. Ripeto: l’opinione può essere quella che volete, basta che i fatti li ascoltiate.
Potrei ripetere e riprendere il discorso fatto tempo fa con un amico, quando alla domanda «Come ci si sente ad appartenere a una categoria, in questo caso l’Islam, che viene accusata ingiustamente?» ha risposto: «Dire che l’Isis è legato all’Islam è assurdo, non ci sono basi teoriche, non ci sono collegamenti né riferimenti. Essere convinti che siano la stessa cosa è fare il gioco dei terroristi, è dargli ragione. Ed è questo che fa tristezza. E poi sentire le persone che ci chiedono di dissociarci fa ancora più pensare. In questo contesto vale il “sei colpevole fino a prova contraria”; se sei musulmano, sei un terrorista finché non te ne dissoci, è questa l’aria che si respira, ed è questo che è pesante. Leggo post su Facebook di persone che incitano all’odio, che danno colpe indirettamente anche a noi scrivendo “musulmani”, ma alla fine non è che ci rimango male perché se lo facessi non ne uscirei più. Quindi alla fine la prendo con ironia, è l’unico modo. Mi salvo i commenti più assurdi e ci rido su, rido dell’ignoranza, perché se dovessi rattristarmene sarebbe la fine».

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Potremmo parlare ancora molto della bomba carta lanciata al Bangladesh Islamic Center, una moschea nella zona Arcella a Padova. I colpevoli ancora non sono stati trovati e nessuno sembra sapere nulla. «Non credo che qualcuno possa avercela con noi, anche perché noi non ce l’abbiamo con nessuno» spiegano timidamente alcuni frequentatori del centro.
Potremmo elencare poi molti altri episodi che nella nostra città sono accaduti causati dalla «paura del diverso», come l’accusa al «kebabbaro» Alì in piazza delle Erbe: in seguito ad aggressioni e accoltellamenti è stato individuato proprio lui come capro espiatorio.
Sono sicura che se parlassi di tutte queste cose verrei accusata di «buonismo» perché va tanto di moda adesso questa parola, sarei accusata di non vedere chiaramente la situazione o di essere parte «di loro», «gli altri» appunto, non «noi».
Potrei parlare dell’amaro sorriso che ho fatto l’altro giorno quando, leggendo il Corriere del Veneto, ho trovato un articolo che raccontava di come la Federazione Italiana Islamica del Veneto abbia comprato una pagina del quotidiano per augurare un Buon Natale ai «fratelli cristiani» e per avvicinare la nascita di Gesù alla nascita di Muhammad festeggiata quest’anno il 23 dicembre, come a dimostrazione che convivere si può. Una studentessa di Padova poi ha avuto l’occasione di spiegare ai compagni la sua religione, «abbattendo un muro» dice lei. La parte amara del mio sorriso è arrivata quando girando pagina l’articolo successivo ritraeva il sindaco di Padova con una grande scatola di crocefissi da appendere nelle scuole.
Potrei infine come ultima spiaggia tentare di far conoscere alcune ragazze con cui ho parlato, che gentilmente hanno risposto ad alcune mie domande. I nomi non sono importanti, le loro parole sì.

Nell’ultimo periodo, a seguito dei fatti accaduti nello scenario internazionale e che coinvolgono ingiustamente la vostra religione, avete avvertito qualcosa di diverso nella vostra vita di tutti i giorni/per la città/a scuola?
Sì, io parlo personalmente. Dopo quello che è successo molte persone hanno iniziato a guardarmi male. Inizialmente no perché non portavo il velo quindi solo le persone che mi conoscevano facevano battutine, tipo a scuola, invece da quando ho iniziato a portare il velo, per strada, in autobus, a scuola moltissimi mi guardano male. La cosa fastidiosa è che le persone non sanno niente, non sanno che i primi a subire il terrorismo siamo proprio noi musulmani, non sanno che oltre alle vittime di Parigi ci sono migliaia di vittime di guerra in Siria, Palestina ecc… Anzi forse lo sanno ma nessuno li piange come si piangono le vittime «più vicine». Tutto il mondo fa condoglianze alla Francia, va benissimo, ma alla Siria le condoglianze non le fanno, i morti vengono classificati in base al paese di provenienza. Anche i terroristi vengono classificati in base al paese. Dopo l’attentato a Charlie Hebdo ci sono stati attentati alle moschea, anche in Svizzera per esempio, ma nessuno ne ha parlato.

A casa vi capita di parlare con le vostre famiglie di questi fatti e di come affrontare l’opinione pubblica?
No, a me non capita molto, anzi raramente. Ognuno affronta l’opinione pubblica come può. Ne parlo spesso con le amiche, questo sì. Ma oltre alla famiglia e alle amiche non ne parlo molto.

Qual è la cosa che più vi dispiace quando leggete/sentite notizie che non si basano su fatti reali o sulla verità?
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La cosa che mi dà più fastidio è quando nei giornali trovo il concetto di terrorismo associato a quello di Islam. Soprattutto nei titoli «in grande» nelle prime pagine c’è sempre scritto «terrorismo islamico» quando il terrorismo non c’entra niente con l’Islam. Poi nei giornali c’è sempre qualcosa riguardo al terrorismo islamico, anche nei tg, tirano fuori sempre qualcosa di cattivo nei confronti di un musulmano.
Anche nelle notizie di cronaca nera, se c’è un assassino musulmano si sottolinea sempre la sua religione, con uno cristiano non lo si dice mai.

Perché secondo voi è così troppo facile accusare tutti i musulmani per le azioni dei terroristi che si giustificano parlando di jihad?
Tempo fa l’Islam si è diviso in Sunniti e Sciiti. Gli Sciiti credono nella jihad, cioè nel convertire all’Islam gli altri attraverso la guerra. Per i Sunniti invece jihad significa sì combattere ma con le parole, dire cose giuste solo con le parole. Senza guerra. Nel Corano c’è scritto che chi uccide una persona uccide tutta l’umanità quindi è impossibile che un vero musulmano uccida. Noi crediamo a quello che c’è scritto nel Corano, quindi non alla guerra. È facile accusare la religione perché questi terroristi che si professano «islamici» dicono «Dio è grande», anche se sappiamo tutti che quelle persone sono solo criminali che vogliono spacciare la religione per qualcosa che non è. I terroristi agiscono così credo per i soldi, e quindi c’è qualcuno che li finanzia. Come facciamo noi musulmani ad essere tutti terroristi? Siamo in tantissimi, due miliardi di persone, quindi è anche matematicamente impossibile. Le persone non sanno che la maggior parte dei terroristi non sono musulmani.

Potrei parlare quindi di tante cose, di tante persone, di tanti errori comuni.
Ma il primo passo è permettere a noi stessi di conoscere tutto questo. Conoscere prima, assimilarlo poi e infine utilizzarlo per crearci un’opinione. Allora sì che merita di essere ascoltata.