Quando i videogiochi entrano a gamba tesa nel cinema
Già prima del lockdown ci eravamo abituati ai servizi in streaming, i quali portano nelle nostre case serie tv, film, documentari e altro direttamente nella comodità del nostro salotto.
Poi è arrivata la quarantena e quello che era un servizio o un pregio a cui stavamo facendo l’abitudine è diventato quotidianità. I cinema chiusi, le grandi opere posticipate e le produzioni seriali messe all’angolo hanno sicuramente creato una mancanza nel nostro immaginario comune.
La continua visione a schermo dei nostri amici e il telelavoro hanno contribuito a creare quella famosa sindrome da nido da cui difficoltosamente alcuni, ancora oggi, si staccano, rafforzando la voglia in noi di vedere tramutato in arte o in opera visiva il tassello mancante fra il cinema nel suo complesso stile coinvolgente e il piacevole sentirsi sicuri nello stare a casa.
Sembra proprio che in Naughty Dog abbiano sentito la disperata chiamata di chi voleva tutto questo e il 19 giugno, è uscito il gioco The Last of us parte II, continuazione del primo capitolo The last of Us, (sempre sotto la stessa attenta e maniacale narrazione di Neil Druckmann come esclusiva per Playstation 4)
The Last of Us Parte II si è imposto come un punto definitivo di rottura, in cui le esperienze sensoriali si confondono, i particolari, le praticità artistiche tolto eccezioni e il coinvolgimento a cui tanto aspiriamo in una storia ben raccontata sono fenomeni ben presenti nell’opera.
Il tutto ci porta a domande molto dibattute negli ultimi anni: il mondo dei videogiochi è da considerarsi l’ottava arte? Sostituirà il cinema in alcune delle sue forme, o quanto meno costringerà quest’ultimo a ripensarsi e adattarsi ad un nuovo futuro?
Qui di nuovo torniamo al periodo pre lockdown, a quando il mondo dei videogiochi, con opere mastodontiche come Red Dead Redemption 2, narrativamente spettacolari come God of War oppure semplicemente “filmiche” come A Plague Tale : Innocence e altri, avevamo già visto erodere pezzi di credibilità al cinema come i più lo intendono.
Proprio tra questo e il periodo che stiamo vivendo ora si è fatto strada, il tassello mancante fra cinema e videogioco, ovvero The Last of Us parte II.
In termini pratici in questo, come altri titoli, vi sono già presenti contaminazioni importanti. La sceneggiatrice Halley Gross e l’attrice Shannon Woodward, entrambe provenienti dalla serie televisiva di successo Westworld hanno per esempio collaborato a pieno ritmo al gioco, forse in maniera indelebile.
Oltre all’esempio del salto di professionisti da un fronte all’altro vi sono le riprese in motion capture, le quali registrano le movenze reali degli attori per poi adattarle alle animazioni presenti nel gioco. Infine, pensiamo alla cura maniacale per la luce, le espressioni dei volti, gli scenari, il costume design e le scenografie degne di un colossal di Hollywood.
Tutto questo ha contribuito a portare chi ancora era scettico ad avvicinarsi al mondo videoludico, non solo in termini di numeri come riportava il Post già nell’articolo del 20 aprile dovuti anche al Covid19, ma anche perché l’intera esperienza offerta da un’opera del calibro di The Last of Us e del suo seguito ha finalmente completato una fase di maturazione.
Come dicevamo prima, il videogioco oggi si sta appropriando dei sistemi e della cura comunicativa una volta tipiche del cinema ed ha anche iniziato a coinvolgere per mano di fenomeni come Youtube e non solo una crescente suscettibilità al mondo esterno.
A conferma di ciò, il famoso regista Cristopher Nolan ha fatto pubblicità alla sua ultima opera Tenet sull’ormai mainstream sparatutto Fortnite di Epic Games. Inoltre, lo stesso Nolan ha reso disponibile nel mese di giugno 2020 la visione in streaming del film Inception sulla Party Royal Island del gioco.
Questo è solo uno dei molti esempi che si possono fare a conferma che questi due mondi si sono confrontati, guardandosi dall’alto verso il basso, mentre ora c’è la possibilità che affrontino un futuro fatto di incognite, sfide ed espressioni artistiche ed innovative tutte da raccontare.
Laureato in Storia del Costume, lavoro nel settore turistico da oramai un decennio. Gioco a Rugby e sono pur sempre un romanticone.
Co-creator di Hero Friend.