Quando la stampante 3D salva la vita
Da tempo si parla sempre più frequentemente del successo che stanno avendo le stampanti 3D. Infatti, questi congegni, nati per offrire all’uomo servizi sempre più personali, sono sempre stati visti con diffidenza, ma non da questo blog che ne ha già recensito l’utilità più volte.
In questo caso il loro utilizzo è stato ancora più determinante perché se ne sono serviti i medici per salvare la vita di un bimbo di 5 anni, tramite un intervento nel quale è stato impiantato un bronco stampato in tridimensione.
L’intervento è stato eseguito in Italia, all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e rappresenta la prima impresa di questo genere in Europa.
Il piccolo paziente era inabile alla respirazione a causa di una patologia chiamata broncomalacia, una sindrome che porta al conseguente cedimento della parete bronchiale. Il bronco costruito «su misura» per lui tramite la stampante gli ha finalmente donato la completa abilità respiratoria.
Ma come è stato costruito e quali «conseguenze» apporterà?
Il bronco 3D non è stato creato dall’oggi al domani, ma è stato frutto di più di 6 mesi di lavoro, nei quali tramite anche le immagini della TAC, si è riusciti a risalire all’adatta anatomia del bambino, e a rielaborare le informazioni, grazie al contributo del Dott. Luca Borro dell’Unità di Innovazione e Percorsi Clinici, riuscendo a creare infine una gabbia cilindrica che riproduce l’esatta forma del bronco necessario.
Ovviamente il materiale con cui il pezzo anatomico è costruito è molto particolare, talmente particolare che permette al corpo con il tempo di assimilare la parte anatomica: ovvero il bronco è costruito con due composti chiamati policaprolattone e idrossiapatite, che sono caratterizzati da una qualità molto importante.
Questi due materiali che formano il pezzo 3D sono bio-riassorbibili, e ciò significa che con il passare degli anni tale pezzo estraneo verrà eliminato e ri-sostituito dal sistema anatomico umano.
Il pezzo di bioingegneria è stato stampato dal centro 3D Prosilas, sterilizzato a bassa temperatura e sottoposto a test di resistenza meccanica, svolti grazie alla collaborazione dell’Università di Modena e dell’Università di Reggio Emilia. Ovviamente il bronco prima di essere impiantato nel piccolo, durante un interminabile intervento durato 8 ore, è stato sottoposto al processo di autorizzazione presso il Ministero della Salute.
La «gabbietta 3D» è stata adagiata all’esterno del bronco deteriorato a causa della malattia. Questo processo dopo un mese ha permesso al piccolo paziente di riuscire a tornare a respirare autonomamente.
Questo dunque è un altro caso in cui la tecnologia ha aiutato a migliorare la vita dell’uomo e secondo il Adriano Carotti, cardiochirurgo che ha sostenuto l’intervento, «i dispositivi 3D realizzati con materiale riassorbibile, destinati a scomparire e ad assolvere la loro funzione in maniera poco traumatica, rappresentano la nuova frontiera della chirurgia delle vie aeree in età pediatrica».
Laureata all’Università di Padova Ingegneria Chimica e dei Materiali e laureata magistrale in Ingegneria Chimica (Susteinable Technologies and Biotechnologies for Energy and Materials) presso l’Almamater Studiorum Università di Bologna.
Scrivo per La Voce che Stecca dal 16 luglio 2015 e su queste pagine mi occupo di cultura, musica e sport, ma soprattutto di scienza, la mia passione.