Razzismo culturale: ideologia della morte
Negli ultimi tempi sembra essere tornato di moda quello che viene definito «razzismo biologico». Quest’ultimo ha certamente radici profonde: dall’antica Grecia si è trasferito poi a Roma e ha conquistato anche il Medioevo, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Secondo questa corrente di pensiero le differenze tra gli uomini appartenenti a popoli diversi sarebbero interiori, biologiche, e da esse deriverebbero tutte le altre fino a determinare la superiorità o l’inferiorità di un popolo rispetto a un altro.
Queste teorie, che per certi versi sembrano riaffiorare anche oggi, dovrebbero sicuramente portarci alla mente (basterebbe la quinta elementare per avere le nozioni necessarie) esempi molto infelici del secolo appena passato. Basandoci su questi ricordi recenti, possiamo affermare con assoluta certezza che forse portare ancora avanti teorie simili non è poi una grande idea.
Elementi diversi ci sono e si vedono, ma poter pensare che delle discrepanze esteriori siano sintomo e prova di differenze interiori è da stupidi. Questo tipo di ragionamento potrebbe reggere solo se tornassimo indietro di centinaia di anni e se non si eseguissero autopsie ogni giorno. Autopsie che hanno provato che biologicamente, o volgarmente, dentro, siamo tutti uguali. Zero differenze. Tutte quelle che noi vediamo non sono altro che figlie delle diverse condizioni ambientali in cui una determinata popolazione si è trovata a vivere: la pelle nera non è altro che una forma di protezione che la natura ha sviluppato per proteggere la pelle dai raggi solari. Paradossalmente la stessa pelle per cui popolazioni intere sono state schiavizzate e abusate è in realtà una mutazione biologica, un miglioramento di una condizione iniziale, quindi, tecnicamente parlando, una forma di superiorità, non di inferiorità.
Pensare che ancora ci sia gente che si rifà a queste teorie è inverosimile e a dir poco allarmante, le teorie di Gobineau sono state uccise molti anni fa da ragionamenti solidi e scientifici, anche se sarebbe bastato solo un po’ di buon senso per farle crollare.
Molto più sottile del razzismo biologico è quello culturale. Al confronto il primo è roba da principianti. Innanzitutto bisogna capire cosa si intende con il termine «cultura»: usi, costumi, costruzione logica del pensiero e religione. Soffermandosi su quest’ultimo punto si può notare come oggi il razzismo religioso (e quello culturale in generale) sia sulla bocca di tutti. Improvvisamente tutti oggi sappiamo tutto sulla cultura islamica, pregi e difetti. Le voci sono tante ma il coro che si alza è sicuramente forte e chiaro: «Siamo migliori noi, noi con la nostra cultura cristiana». Questa frase poi non viene nemmeno urlata chiara e tonda (se si afferma una cosa tanto gigantesca, bisognerebbe almeno avere il coraggio di dirla a pieni polmoni), anzi viene mascherata in modo da non suscitare troppo scalpore ma al tempo stesso in modo da infilare la pulce nell’orecchio.
In base a questo tipo di razzismo esistono popoli culturalmente elevati e altri inferiori, «più stupidi». Il messaggio odierno è che la cultura islamica sia il gradino più basso della nostra scala evolutiva. Ora premetto che: 1) non sono sposata con nessun islamico e non ho alcun piano matrimoniale imminente; 2) spero che la mia testa non venga impalata dagli islamici così che io impari il concetto «fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio»; 3) solitamente non sono soggetta ad alcuna forma di «paraculismo»; 4) non sono musulmana. Detto ciò vorrei solo riflettere su un concetto che a me pare molto semplice: la cultura non è altro che una costruzione di schemi più o meno rigidi nei quali un popolo si riconosce e che segue sua sponte. La cultura è figlia di processi storici, politici, geografici, sociali a cui un popolo è stato soggetto, e imputare il comportamento di alcuni singoli individui alla cultura inferiore (in primis all’aspetto religioso) è da ignoranti e sempliciotti. Non esistono culture superiori o inferiori, sono solo diverse. Diamond (biologo, fisico, ornitologo, ha insegnato nell’università di Los Angeles) afferma nel suo libro Armi, acciaio e malattie che i popoli della Nuova Guinea, pur avendo smesso di usare utensili in pietra nella seconda metà del 1800 (non proprio presto), sono molto più intelligenti di noi perché apprendono molto più in fretta di qualsiasi europeo, anche se fino a due secoli fa mangiavano con cucchiai di pietra. Si possono dire inferiori?
Se la religione è anche un prodotto della cultura si può davvero affermare che ne esista una migliore? «Ma l’Islam incita all’odio»… davvero? Quanti di noi hanno letto il Corano? Presumo pochi dato che sono in pochissimi ad aver letto la Bibbia. Di cosa stiamo parlando se non conosciamo nemmeno la fonte diretta, se non abbiamo la curiosità di sondarla? E quelli che hanno provato a leggerlo e continuano ad affermarne la violenza, quanto bisogna aspettare perché capiscano che testi tanto complessi come quelli religiosi non possono essere letti letteralmente ma hanno bisogno di interpretazioni metaforiche?
Detto questo gli uomini che si eleggono a paladini e tirano sferzate di parole per proteggere la modernità contro l’arretratezza della religione di Allah e nei loro discorsi pubblici e nei loro articoli ci informano che Tal dei Tali, che ha commesso un crimine, era musulmano (informazione di importanza internazionale, a quanto pare) cadono nell’errore più vecchio e arretrato del mondo: la discriminazione. Nella Grecia classica i persiani, gli orientali, sono rozzi, molli, viscidi, inetti e approfittatori mentre gli ateniesi sono alti, biondi, saggi e abili in guerra. Gli orientali pregano dei sbagliati, i greci no: Zeus è il più forte di tutti. Dov’è la differenza?
Direi che, se proprio vogliamo utilizzare il razzismo culturale, non limitiamoci alla pericolosa religione islamica, ma includiamo tutte quelle che hanno rotto le scatole e provocato guerre con strage di innocenti: cristianesimo in primis ed ebraismo. A questo punto le cose sono due: o la smettiamo con le religioni superiori per non cadere nell’ipocrisia o diventiamo tutti buddisti, che almeno loro le balle non le hanno mai rotte e, diciamocelo, il Buddha gigante in casa fa pure figo.
Giada Arcidiacono
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Ma si può almeno affermare che ci sono atteggiamenti culturali inaccettabili per una società civile senza essere tacciati di razzismo ? È evidente che esistono diversità biologiche legate alle diverse razze. Così come è comprensibile che la cultura e la religione di un popolo è stata determinata da millenni di commistioni
Ma definito questo , non si possono comunque accettare determinate espressioni culturali che cozzano con qualsiasi forma di convivenza civile moderna.
Le culture che pongono la donna su un piano inferiore( coprendole con il burka, infliggendo l infibulazione, obblingandole a matrimoni in età infantile..etc..) vanno non solo osteggiate ma combattute!
Se questo per lei rappresenta razzismo culturale ..allora ho scoperto di essere razzista.