«Ready Player One»: la vita su Internet prevarica su quella reale?
Ci troviamo nel 2045, in una realtà distopica, quando la vita del diciottenne Wade viene sconvolta da una rivelazione. In questa realtà fatiscente e sull’orlo del collasso tutti ormai vivono su Oasis, un contenitore di universi virtuali tramite il quale si può accedere attraversi un visore e una console. A un certo punto, l’ideatore di Oasis muore lasciando la sua più che cospicua eredità a chi saprà risolvere degli indovinelli nascosti all’interno di questi universi e saprà guadagnarsi di diritto l’Easter Egg di James Halliday, l’inventore di videogiochi e appassionato di cultura pop anni ’80. Da qui comincia la Caccia e non vi sarà tregua finché il tesoro non sarà trovato.
«Ready Player One», questo il titolo del libro, è scritto da Ernest Cline e come sottotitolo ha: «Uscire di casa è un’abitudine sopravvalutata». Ernest Cline si definisce un geek, un irrimediabile nerd. Questo è il suo primo romanzo, da cui uscirà un film in Italia a marzo. Appassionato di cultura pop anni ’80 e ai videogiochi vintage, nel libro ne fa un gran riferimento. Ma non è un libro solo per amatori. È un volume per tutti coloro che vogliono scappare per un po’ dalla realtà senza avere a disposizione Oasis. È anche una critica sociale su quanto la vita su Internet spesso prevarichi su quella vera, quella reale che viviamo ogni giorno. Sempre attaccati ai nostri smartphone spesso non ci rendiamo conto di ciò che ci sta attorno, un po’ come Wade che quando si collega alla console non vorrebbe più uscirne e perde completamente contatto con quel che succede intorno a lui: quella diventa la sua realtà e non la lascerebbe per nulla al mondo. Per lui è anche comprensibile l’alienamento dato il mondo in cui vive, ma dovremmo chiederci se non sia un’esagerazione di quello che sta accadendo pian piano anche a noi, dove il mondo virtuale assume più appeal di quello reale.
Viene da chiedersi se sia un’abitudine così sopravvalutata uscire di casa o se sia solo un modo per rifugiarsi in un mondo all’interno del quale ci si sente protetti e al sicuro.
Sono domande che non hanno risposta immediata, ma il libro fa riflettere e speriamo che il film ne sia egualmente all’altezza.