Recensione: Cecilia Alfier – Fuori dal Comune
Fuori dal Comune
Cecilia Alfier
Albatros Edizioni – 2014 – 13,90 €
Di Tito G. Borsa
Fa un certo effetto recensire il libro di un’amica e collaboratrice cercando però di mantenere il distacco necessario per essere imparziali. Fuori dal Comune è un libro la cui prima caratteristica è il titolo stesso: Monica, la protagonista, non è un’eroina nel senso classico del termine, figuriamoci: non può nemmeno camminare, è timida e piena di paranoie. Un libro che è a metà fra un romanzo e un’autobiografia, nel quale al lettore comune non è mai chiaro quale sia l’una o l’altra parte e non gli deve nemmeno interessare: Fuori dal Comune offre uno spaccato della vita di una ragazza che, come tante altre, è «diversa». Che certi fatti siano inventati o meno è irrilevante: al lettore viene offerta una possibilità che nella letteratura viene raramente offerta: vedere il mondo con gli occhi e con i mezzi di chi non può camminare ma che per questo non si sente affatto limitata: Monica gioca a scacchi, studia Lettere all’università e milita fra le file del Partito Democratico. Rifacendoci al titolo, non ci sembra cosa comune riuscire a conciliare tutti questi impegni. Poi c’è anche la parte sentimentale: la protagonista, come tutte le sue coetanee, soffre le prime pene d’amore e, complice la sua timidezza, non riesce ad esprimere quasi mai quello che prova, con dei risultati (visti dall’esterno ovviamente) anche abbastanza comici.
Indipendentemente dal fatto che Cecilia Alfier sia un’amica, il suo libro è un’ottima opera prima: scritto in un linguaggio vivace, spesso anche audace, non annoia mai e riesce a comunicare le sensazioni della protagonista che, e questo lo diciamo noi, molto spesso sembrano anche essere le sue. Una critica, anche dura, però ci sentiamo di farla anche se è diretta alla casa editrice Albatros e non all’autrice: abbiamo trovato davvero insensato scrivere, in quarta di copertina nella presentazione di Cecilia, «È affetta fin dalla nascita da paresi spastica che la costringe in sedia a rotelle, ma questo non le ha impedito di seguire le sue passioni: scrivere e giocare a scacchi». È così che si combatte la disuguaglianza? Saremo noi i pessimisti, però ci sembra che quella frase messa in bella vista sia solo un pretesto per vendere di più facendo leva sulla pietà della gente verso una «così sfortunata ragazza». Ma smettiamola! Se Cecilia ha scritto un bel libro, che senso ha impietosire i lettori? Un libro di qualità, adeguatamente pubblicizzato, vende comunque. Riteniamo questa scelta dell’editore altamente offensiva nei confronti dell’autrice: il tuo libro non venderà mai, meglio se ci mettiamo che sei in sedia a rotelle.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia
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