Referendum trivelle: su cosa voteremo?
Non andare alle urne significa non esercitare un diritto-dovere di ogni cittadino italiano: esprimere la propria volontà attraverso il fondamentale strumento del referendum. Se possiamo capire chi si astiene alle elezioni, ci è difficile comprendere come si possa rinunciare deliberatamente all’unico esercizio di democrazia diretta che la nostra Costituzione prevede.
Il 17 aprile, grazie a 9 regioni italiane, si andrà a votare: in gioco c’è l’abrogazione della legge che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia marine dalle coste italiane senza limiti di tempo. La domanda che si troverà stampata sulle schede è «Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?». Quindi si voterà «Sì» per eliminare le trivelle entro le 12 miglia marine, si voterà «No» per lo sfruttamento dei giacimenti fino al loro esaurimento.
Alle 11 di oggi leggerete l’articolo di Edoardo Vignotto che vi spiegherà le ragioni per cui voterà «No», mezz’ora dopo uscirà il pezzo di Tito Borsa che vi illustrerà i motivi che lo spingeranno a votare «Sì».
Qualunque sia la vostra opinione a riguardo, andate a votare! Questo referendum è costato circa 360 milioni di euro, solo perché non si è voluto accorparlo alle elezioni amministrative che si terranno poco più di un mese più avanti. Il non raggiungimento del quorum, oltreché una vittoria del «No», significherà soprattutto che avremo buttato via un sacco di soldi: non si tratterebbe quindi di un vero esercizio di democrazia, bensì di un risultato sì vincolante, ma non così chiaro: quanti di quelli che non voteranno volevano votare «No» e quanti non sono stati informati a sufficienza?
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