Referendum: ipotesi rinvio e l’esposto contro il Fatto

Parola d’ordine: rinvio del referendum. Questo è l’orizzonte entro cui si giocano le ultime settimane di campagna elettorale: Valerio Onida, ex presidente della Consulta, con il suo ricorso potrebbe davvero cambiare le sorti di questo voto. È attesa la risposta del tribunale civile di Milano che, nel bene o nel male, metterà la parola fine a questa incertezza.

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Il terremoto. Nei giorni scorsi sono in tanti, anche una buona parte cwhmhnrxyaav4_h-jpg-largedella pancia del paese espressa dal popolo del web, ad aver auspicato un rinvio dopo i vari terremoti che hanno sconvolto il centro Italia. L’ex parlamentare Pd Pierluigi Castagnetti ha visto nelle «3 regioni terremotate» le «condizioni per rinviare il referendum», mentre i sindaci dei comuni colpiti dal sisma si uniscono al coro: «Uffici elettorali crollati, elettori sparsi sulla costa». Ma non sarebbe la prima volta che si va al voto nonostante una sciagura come un terremoto: basti vedere le elezioni del 1976, a poche settimane dal sisma del Friuli.

Renzi e Alfano. «Qualora una parte dell’opposizione chiedesse lo spostamento del referendum, mi unirei alla richiesta. Lo dico a livello schermata-2016-11-03-alle-11-46-52personale come capo del mio movimento e credo che una richiesta di questo tipo non potrà non essere presa in considerazione»: il ministro dell’Interno ha cercato l’assist delle opposizioni, pur nelle vesti di leader di Ncd e non di membro del governo, per rinviare il referendum. Matteo Renzi invece pare non avere dubbi: non si rinvia. Il premier non può fare diversamente: visti i sondaggi che mostrano il «No» in netto vantaggio, qualunque ragione – anche valida – per il rinvio verrebbe vista come un tentativo di allungare i tempi e cercare di recuperare voti.
Non ci sarà alcun rinvio, ormai è certo, però è particolarmente interessante notare le contraddizioni di palazzo che quest’ipotesi ha causato: s’è fatto avanti Alfano mentre Renzi è rimasto in secondo piano. 

Tutti contro il Fatto Quotidiano. È notizia di mercoledì un esposto all’Agcom del comitato «Basta un Sì»: il direttore del Fatto Marco Travaglio, il presidente Antonio Padellaro e l’opinion maker Andrea Scanzi, pur essendo conteggiati negli spazi televisivi durante la par condicio come giornalisti e quindi non schierati, starebbero facendo una campagna sommersa per il «No». Evidentemente il comitato, con a capo Antonio Funiciello, dimentica che il governo (principale protagonista del fronte del «Sì») e in particolare Matteo Renzi collezionano da mesi servizi in apertura dei Tg e ospitate anche senza contraddittorio, come nel caso del premier da Lucia Annunziata.