Referendum: al voto gli italiani «minorenni»
I bambini. Sì, coloro che vengono ritenuti incapaci di decidere e ubbidiscono e imitano i genitori. Ecco, l’Italia è un paese di bambini, di minorenni privi di alcun potere decisionale. Lo diceva prima Platone e dopo Kant, per non dire ancora più recentemente Freud: la minorità non è solo quella anagrafica, bensì uno stato — che può tornare più volte nella vita — in cui si è in balia del caso e del volere degli altri. L’emancipazione, la maggiore età, si può raggiungere solo con il parricidio, seppur ovviamente figurato: ossia con l’abbattimento violento, polemico, dei propri punti di riferimento. In questo modo ognuno diventa faro della propria esistenza.
Questo handicap tutto italiano sta venendo fuori prepotentemente con l’avvicinarsi del referendum costituzionale: i cittadini, ritenuti minorenni e quindi incapaci di intendere nella sua interezza e nell’obiettività del suo testo vergine da esegesi, sono preda della banda di incapaci che intende chi personalizzare il voto in un plebiscito, chi bocciare il provvedimento solo a causa della parte politica che l’ha creato. Nessuno si prende la briga di far leggere il provvedimento e, per la cronaca, ben pochi cittadini hanno il tempo, la voglia e l’istruzione necessari per compiere da soli questa operazione. Nessuno si prende la briga di «ammazzare» (sempre in modo figurato, ovviamente) il genitore: tutti che scelgono, solo sulla base delle «emozioni» da essi suscitate e senza alcun fondamento razionale, il padre migliore. Un referendum, che dovrebbe saggiare il volere dei cittadini a proposito di una norma, si sta trasformando in una battaglia politica come se ci fossero le elezioni. Il punto è che non stiamo decidendo chi ci governerà per i prossimi cinque anni, ma il futuro costituzionale del nostro paese.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia