Le relazioni diplomatiche tra Occidente e Russia
Dall’inizio delle ostilità tra la Russia e l’Ucraina, l’Italia è stata capofila nell’adottare di sanzioni e misure ostili alla Russia. Questo atteggiamento, inspiegabile sotto molti punti di vista, alla luce dei rapporti di amicizia e leale collaborazione che si sono instaurati nei decenni precedenti, rischia di minare i rapporti diplomatici fra i due paesi per molti anni a venire.
Nonostante in Europa, sin dai tempi dello zarismo e della sconfitta di Napoleone nel 1814, le relazioni diplomatiche fra Europa Occidentale e Russia sono state connotate da ostilità e diffidenza, con l’esclusione di alcuni Paesi, tra cui l’Italia. Sia quando era divisa in vari staterelli, sia dopo l’Unità, il Belpaese ha sempre intrattenuto vantaggiosi rapporti bilaterali tanto culturali quanto commerciali, costituendo un vero e proprio modello di costruzione pacifica dei rapporti internazionali.
Agli inglesi, ai francesi e ai tedeschi, la Russia è invisa soprattutto per aver contrastato le loro mire espansionistiche; si pensi allo stesso Napoleone, che con la disastrosa campagna in Russia del 1812 sancì l’inizio della sua rovina; oppure a Hitler, che cercò con l’Operazione Barbarossa di conquistare l’Unione sovietica. Tuttavia, nonostante le prime vittorie, la guerra di logoramento a cui i sovietici costrinsero i nazisti e le scorte di cibo insufficienti portarono le truppe tedesche alla ritirata. Questi sono alcuni esempi famosi, di come la Russia sia sempre stata vista, tranne brevi parentesi della storia, più come territorio conquista che un Paese confinante e con pari dignità rispetto a quelli dell’Europa occidentale.
La rivoluzione d’Ottobre e l’isolamento diplomatico
Fino agli inizi del ‘900 la Russia, al netto delle sporadiche tensioni, era considerata partner dei Paesi europei, che vi intratteneva importanti relazioni diplomatiche. Tuttavia, la rivoluzione del 1917 e la fine della Prima Guerra Mondiale portarono a un repentino isolamento del neonato stato comunista, insieme alla convinzione, specialmente nei Paesi usciti sconfitti dal conflitto, Germania in primis, che i partiti di sinistra e in primo luogo quelli comunisti avessero tradito la loro patria, firmando trattati di pace poco vantaggiosi per guadagni personali e indole globalista.
Questo sentimento nazionalista, oltre a favorire l’ascesa dei totalitarismi di destra, rafforzò ulteriormente l’avversità generale verso la Russia bolscevica. La propaganda dei Paesi a guida fascista e nazista, quanto quella degli stati democratici, era un concentrato di accuse di ogni tipo, spesso del tutto inverosimili, verso i comunisti e la Russia, che si trasformò preso nell’incarnazione di ogni male.
Meglio Hitler di Stalin era il mantra dei politici degli anni ’30, da Chamberlain in giù. E sappiamo com’è andata a finire.
La Guerra Fredda e la Russia come spauracchio
Nonostante l’alleanza in funzione anti tedesca, dopo la vittoria del secondo conflitto mondiale il mondo si divide in due blocchi contrapposti e in guerra aperta, seppur fredda, ovvero combattuta principalmente su due fronti che non contemplano le armi tradizionali: la crescita economica e la propaganda.
Va da sé che buona parte degli investimenti americani nella comunicazione di massa, in patria e nei Paesi alleati si risolsero in dure campagne mediatiche contro il comunismo russo, demonizzato e rappresentato come una dittatura sanguinaria qualunque; mentre l’Occidente, negli stessi anni in cui favoriva i coup di tiranni senza scrupoli come i Colonnelli in Grecia o Pinochet, si rappresentava come l’Eden dei diritti, della libertà e della democrazia.
Dopo il crollo: l’occidentalizzazione e la reazione di Putin
Il crollo dell’Unione sovietica e la fine della Guerra Fredda segnò una nuova fase nelle relazioni tra Russia e Occidente, i cui primi anni si caratterizzarono per un forte tentativo di occidentalizzazione del gigante euroasiatico, di cui ho parlato in un articolo precedente, che si risolse in un grande della disuguaglianza sociale. Con l’arrivo di Vladimir Putin si tornò a dare priorità alle esigenze nazionali e a pretendere un ordine internazionale basato su rapporti più paritari.
I rapporti con i paesi dell’Europa occidentale, nonostante qualche tensione dovuta alle mire espansionistiche degli Stati Uniti in Medio Oriente, si sono mantenuti sostanzialmente buoni, in particolare con l’Italia, che vantava il partito comunista più sviluppato dell’Occidente e anche per questo non ha interrotto le relazioni bilaterali nemmeno nel periodo delicato della Guerra Fredda. Il tutto senza il benestare degli americani, che tentarono in ogni modo, lecito o meno, di sabotarle. Proverbiale fu la minaccia dell’ex segretario del Stati Uniti Henry Kissinger alla moglie di Aldo Moro sul tentativo del marito di fare un governo con la sinistra, fatto che poteva significare oltremodo anche relazioni più strette tra Roma e Mosca.
La situazione attuale
Al giorno d’oggi, un’Italia priva di politici di spessore come il già citato moro, si fa dettare l’agenda geopolitica da oltreoceano e spesso agisce contro il proprio stesso interesse. Un esempio in questo senso è stato accodarsi alle sanzioni economiche decise da Washington, che colpiscono più duramente gli stati dell’Unione Europea rispetto alla stessa Russia.
Un altro aspetto che rischia di minare definitivamente le relazioni diplomatiche tra Roma e il Cremlino, è l’aumento della russofobia. Sin dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, si sono cominciate a verificare in Italia, ma non solo, degli spiacevoli episodi di discriminazione verso la Russia e la sua cultura. Si è partiti dal tentativo di cancellare un corso universitario su Dostoevskij, fino alla proposta di inserire un menù etnico nelle mense scolastiche per solidarizzare con i bambini originari dall’Ucraina. Una proposta che fortunatamente è stata subito avversata dai genitori, perché avrebbe portato discriminazioni e incomprensioni fra i bambini e fra i genitori. D’altronde sarebbe lecito chiedersi come mai non si è mai preso la considerazione di fare un’iniziativa simile per i bimbi afgani, iracheni o palestinesi.
Gli eventi recenti rischiano di compromettere a lunghissimo termine le relazioni diplomatiche russo-italiane, ma anche russo-europee, perché il sentiment antirusso attuale, grazie anche all’adesione collettiva al braccio militare e politico degli Stati Uniti, la NATO, sta ritornando a livelli paragonabili a quelli dei due blocchi, sebbene sia ben più diffuso e amplificato per via della globalizzazione interconnessa.
La volontà di fare un passo indietro, assente da ambo le parti, continua a estremizzare la situazione, fatta di minacce economiche e comunicative, che si affiancano al sempre più corposo sostegno militare a Kiev. Uno scenario che, nel momento in cui non si smorzano i torni, non è impossibile che conduca al disastro della Terza Guerra Mondiale.