Renzi si arrabbia anche per intercettazioni pubbliche
«Renzi: “Babbo, hai amici da vomito, ma senza Whatsapp è meglio tacere”», così titolava domenica Il Fatto Quotidiano, che ha pubblicato una conversazione fra Matteo e Tiziano Renzi, intercettata durante le indagini sul caso Consip. Si tratta di sms contenuti nelle carte depositate dalla Procura di Roma per chiedere il processo per Alfredo Romeo, imprenditore napoletano, e per Marco Gasparri, ex responsabile delle gare Consip. Si tratta quindi di documenti pubblici, e questo è importante per quello che viene dopo, ossia la reazione di Matteo Renzi.
Nelle sue e-news settimanali, dedica alla questione solo il «pensierino della sera», che altro non è che l’ultima riflessione in calce alla mail che invia ai suoi simpatizzanti: prima (in presumibile ordine d’importanza) vengono il suo libro Avanti, il Jobs Act, Emmanuel Macron, la questione europea, il caos in Venezuela e quello dell’Atac a Roma, i No-Vax («Invasati») e i successi sportivi degli atleti italiani. «Ancora polemiche sul caso Consip. Ancora intercettazioni penalmente irrilevanti sbattute in prima pagina, come sempre, più di sempre», è l’esordio: ora, spiegare a Matteo Renzi che se la Procura di Roma le ha depositate probabilmente si tratta di intercettazioni rilevanti non ci compete perché la laurea in Giurisprudenza ce l’ha lui, mica noi; ci limitiamo però a fargli notare che la rilevanza pubblica di quelle intercettazioni sottostà alla sensibilità del giornalista che decide di pubblicarle, in questo caso Marco Lillo. Se un giornale pubblica cose che non interessano ai propri lettori, pur essendo comunque non coperte da alcun segreto, allora va verso il fallimento, ma questi sono affari del giornale, mica di Matteo Renzi. La rilevanza pubblica dei fatti oggetto di articoli entra in gioco quando si rendono pubbliche informazioni che di norma non dovrebbero esserlo.
«So quanto faccia male vedere persone care soffrire in modo ingiusto», continua il segretario del Pd, che aveva usato parole molto forti nei confronti di suo padre: «La stragrande maggioranza di quelli che ti circondano mi fanno (sic!) vomitare», in riferimento all’intervista all’imprenditore Luigi Dagostino pubblicata su La Verità il 12 gennaio scorso. Dagostino, poi indagato per reati tributari in un’inchiesta che nulla c’entra con questa, continua a demolire la figura di Tiziano Renzi fino a dire che «da quando il figlio è diventato presidente del Consiglio, qualcuno gli dà da lavorare», affermazione che causa l’ira di Matteo, che scrive al padre: «Spero che tu quereli D’Agostino. O come cazzo si chiama».
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