Con Renzi prosegue il Ventennio dell’apatia

Un paragone fra Matteo Renzi e Benito Mussolini è tanto scontato quanto inadatto: personalità diverse, modalità differenti, l’unico contatto è forse la comunicazione, poco fantasiosa e basata sulla forma accattivante (e adatta all’epoca e ai gusti dell’uditorio) a cui non segue un contenuto altrettanto interessante.

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Se il paragone appare davvero forzato, è però indiscutibile che la lettura di due libri per la scuola diffusi nel Ventennio ci ricordi qualcosa di a noi molto più familiare. L’assenza di un’opposizione perché tutti si precipitano sul carro del vincitore è un fenomeno tipico della Seconda Repubblica: Berlusconi ha vinto tre volte le elezioni perché non aveva avversari. Prodi, dopo essere stato fatto cadere nel 2008, venne rapidamente messo da parte e al suo posto venne l’inconsistente Veltroni.
Certo, qualcosa di simile c’è: l’ossessione per la stabilità, tanto per fare un esempio. A disprezzare i paesi in cui il parlamento può «sempre determinare la caduta del capo del governo» era la propaganda fascista, mentre oggi, a meno di 60 giorni dal referendum costituzionale, ci minacciano con lo spettro dell’instabilità, nel caso in cui a vincere fosse il fronte del «No». Anche Mussolini, prima della seconda guerra mondiale, aveva le sue battaglie con l’Europa, nel suo caso messa a tacere, almeno secondo la propaganda del Regime.
Ogni paragone, lo ripetiamo, fra Matteo Renzi e il Duce è assolutamente inappropriato: nessuno parla di Stato renziano, mentre tutti conoscono ciò che fu quello mussoliniano; nessuno che è contro il premier viene tacciato di antipatriottismo, mentre Mussolini rappresentava «la intera Nazione, che è ai suoi ordini nella disciplina fascista e nella fede della Patria». Non si parla di Partito della Nazione a cui si aggiungono cani e porci nel caso di Matteo Renzi: nell’Italia odierna forze politiche e ideologie vanno di pari passo, non si è creato un gruppone né di estrema destra (come durante il Ventennio), né (figuriamoci) di centro.
La verità è che, mutatis mutandis, sono tutti lì in fila: Benito Mussolini, Silvio Berlusconi e Matteo Renzi; diversi perché uno è stato un dittatore, uno è un delinquente e l’altro un affamato di potere, ma uguali nella possibilità di essere etichettati come uomini soli al comando, categoria che, ci ricordava Montanelli, gli italiani gradiscono particolarmente.
Ci impediscono di pensare coccolandoci con la chimera del capo che pensa a rispondere a ogni esigenza dei suoi sottoposti; con le opposizioni (politiche e civili) le modalità sono differenti: uno le eliminava fisicamente o le esiliava al confino, un altro impediva loro di esprimersi, il terzo le ridicolizza e le dileggia. Modalità differenti per perseguire lo stesso risultato: il rifiuto di ogni forma di confronto democratico, quindi con chi la pensa in modo diverso.
Siamo in un nuovo Ventennio: non fascista, bensì apatico. Stiamo perdendo l’amore e la passione che servono per difendere le libertà che abbiamo. Una fra queste è quella di esprimere ciò che pensiamo senza paura di essere sfottuti o emarginati.
Sveglia Italia: siamo noi cittadini a essere sovrani, ma questo (oltreché un diritto) è anche un dovere, dovere di informarsi, di esprimersi con cognizione di causa e di utilizzare ogni spazio utile per confrontarci con i nostri «colleghi». Persa un’occasione di democrazia è difficile passare a un’altra.