Il requiem del cinepanettone

Contraddizione dell’italiano medio: più un film è privo di contenuti, maggiore sarà la voglia di vederlo e maggiori saranno gli incassi che il film otterrà. Vacanze ai Caraibi è il cinepanettone 2015, distribuito nelle sale cinematografiche a partire dal 16 Dicembre, interpretato dal celebre Christian De Sica al fianco di altri attori affermati come Luca Argentero, Massimo Ghini e Angela Finocchiaro.

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È stato il film più visto dalle famiglie italiane nell’arco dei tre giorni di festività, superato soltanto dall’ultimo episodio della famosissima saga di Star Wars. Ripercorrendo un po’ di storia, il neologismo cinepanettone venne coniato per la prima volta nel 1997 da parte dei critici cinematografici per descrivere in senso dispregiativo un genere natalizio, affermatosi in Italia nel 1983 con Vacanze d’Inverno, caratterizzato da un susseguirsi di trame e situazioni banali. Tuttavia, col tempo, tale termine ha perso la sua connotazione negativa, divenendo di uso comune. Per anni, nonostante il contenuto basso e grossolano, grazie ad attori come Massimo Boldi e Christian De Sica Vacanze-ai-Caraibi-1-731x1024(che hanno reso possibile l’affermarsi del genere), ma anche Enzo Salvi ed il duo comico dei Fichi d’India, guardare un cinepanettone era un buon modo di divertirsi in famiglia. Negli ultimi tempi non è stato più possibile condividere in famiglia questo evento: vedere un cinepanettone è diventato diseducativo, sia per l’uso di un linguaggio spesso volgare e sia per la scelta di tematiche inadatte ad un pubblico di giovanissimi, e in un certo senso noioso, per la presenza di trame troppo simili tra loro, nonostante lo scopo principale sia quello di far ridere. Vacanze ai Caraibi è stato definito, tra i tre usciti, il cinepanettone dell’anno, cosa inspiegabile dato che di Natale non ha veramente nulla. L’unico aspetto positivo che si può attribuire a questo film, è quello di aver dato nelle tre storie narrate una reale proiezione della società, composta da famiglie senza un soldo disposte a tutto pur di riemergere, storie d’amore malsane e da una vera forma di dipendenza per le tecnologie, evidente in modo particolare nell’uso dei social. A malincuore bisogna ammettere  che anche questa tradizione italiana è giunta al termine.

Valeria Mancini