Rho: cade l’intonaco, a pezzi la Buona Scuola
Non è cominciato particolarmente bene il nuovo anno scolastico nelle nostre scuole. Non solo per questioni organizzative, come i lunghi tempi d’attesa per le nomine dei docenti, ma anche e soprattutto per problemi che riguardano la sicurezza e l’agibilità degli edifici.
Una preoccupazione che esiste da tempo, ma non ancora risolta, infatti non ha tardato a ripresentarsi a poche settimane dalla ripresa delle lezioni. Ieri a Rho, vicino a Milano, tre studenti sono rimasti feriti a causa del crollo dell’intonaco del soffitto in un’aula della scuola media Manzoni; due di loro sono stati portati al pronto soccorso. L’accaduto era stato previsto da una perizia, che aveva evidenziato la necessità di lavori di ristrutturazione che, secondo il sindaco di Rho, sarebbero iniziati entro venti giorni. Per precauzione, l’edificio è stato chiuso e le lezioni sono state spostate nei locali di un’altra scuola.
L’episodio del Manzoni non è purtroppo un caso isolato. Nella vicina Milano, qualche giorno prima era accaduto un fatto ancora più grave, che non si è trasformato in tragedia solo perché il caso ha voluto che si verificasse di notte: è crollato il soffitto della palestra della scuola media Mameli. I genitori degli studenti hanno immediatamente chiesto prove certe della sicurezza delle aule, sulla quale il comune e la scuola hanno tentato inutilmente di rassicurarli.
Le condizioni a dir poco disastrose di molti edifici scolastici italiani non sono certo una novità: Cittadinanzattiva ha contato negli ultimi tre anni ben 12 crolli con 18 feriti, e ha calcolato che per rendere davvero sicure le scuole sono necessari almeno altri dieci anni d’investimenti. Inoltre, ha sottolineato come il 54% delle scuole si trovi in zona sismica, mentre solo l’8% delle stesse è stato progettato secondo la normativa antisismica. Questi e altri dati ribadiscono l’urgenza di controlli, interventi e finanziamenti volti a rendere finalmente le scuole un luogo sicuro, ma è evidente che i dati non bastano: prima che si muova un dito, in Italia, bisogna che qualcuno ci lasci la pelle.