La riforma Boschi e le donne, specie da tutelare
Uno dei cavalli di battaglia del «Sì» alla riforma costituzionale riguarda le donne, le quali verrebbero maggiormente valorizzate e tutelate nell’ambiente politico. Sarà vero?
Vi riportiamo qui a sinistra i due commi della «nuova» Costituzione riguardanti la parità fra uomini e donne nella rappresentanza. Se li leggete bene, e li mettete in rapporto con tutto il resto del corpus della riforma, vi accorgerete presto che c’è del marcio in Danimarca. C’è qualcosa di strano, qualcosa che puzza. In effetti avete ragione, proviamo a vedere qual è il problema.
In sostanza, i due commi dicono la stessa cosa: l’articolo 55 si riferisce al parlamento e alla legge elettorale, l’articolo 122 alle Regioni e quindi alle leggi per l’elezione dei consigli regionali. Ma il succo del discorso è lo stesso: se passa il «Sì», nella nostra Costituzione sarà presente «l’equilibrio fra donne e uomini nella rappresentanza». Gioiscono le femministe della domenica, noi invece piangiamo lacrime amare.
Come si possa conciliare un diktat costituzionale di tal genere con l’esercizio della sovranità popolare è un mistero.
Finché la legge elettorale è l’italicum dobbiamo fare i conti con questa legge elettorale che effettivamente sposa pienamente quanto scritto nella riforma costituzionale: per favorire l’alternanza di genere, vi è l’obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più del 60% dei collegi nella stessa circoscrizione e di compilare le liste seguendo l’alternanza uomo-donna, e in più l’elettore, se vorrà esprimere non una ma due preferenze, dovrà scegliere due candidati di sesso diverso.
È assurdo, non convenite? Da una parte è quasi ricattatorio imporre al cittadino un baratto di questo tipo: ti do un po’ più di sovranità ma tu non puoi esprimere la tua preferenza per due persone di sesso uguale. Così alla fine si avranno degli elettori «più sovrani» perché hanno ceduto, e degli elettori «meno sovrani» perché, per una questione di principio o per un’assenza di idee, non hanno ceduto al ricatto. Dall’altra parte è un’illusione che questo procedimento porti a una minore discriminazione: chi pensa che le donne non siano fatte per la politica non esprime la seconda preferenza e stop.
Ancora più assurdo l’obbligo di designare capilista dello stesso sesso per non più dei tre quinti dei collegi. Proviamo a farvi un esempio su piccola scala:
Abbiamo quindi questa situazione. Ma se, in una scala per competenza, preparazione e idoneità al ruolo, i primi 8 posti sono occupati da persone dello stesso sesso? Il risultato è che dovremmo «scartare» qualcuno per mettere al suo posto qualcun altro di meno idoneo ma di sesso diverso. Capite la follia?
Questa riforma costituzionale è l’ennesimo provvedimento che non tratta le donne al pari degli uomini, bensì come «specie da salvaguardare», in via d’estinzione e quindi che va tutelata.
Le donne dovrebbero sentirsi offese: non è emanando dall’alto un diktat per la parità di genere che si eliminano le discriminazioni e le disuguaglianze di trattamento. La soluzione è molto più concreta e banale: prima di tutto permettere ai cittadini di scegliere tutti i membri del parlamento, poi candidare uomini e donne preparati, e permettere loro di mostrare la propria preparazione. Non siamo un paese così imberbe da aver bisogno sembra della baby-sitter, in questo caso del Legislatore che ci dice che donne e uomini hanno il diritto di avere le stesse possibilità.
Giornalista professionista e fotografo. Ho pubblicato vari libri tra storia, inchiesta giornalistica e fotografia